Convegno ecclesiale di Firenze

Goffredo Boselli, monaco di Bose
Membro della Giunta del Comitato preparatorio del V Convegno ecclesiale nazionale

Il quinto Convegno ecclesiale nazionale che da lunedì 9 si apre a Firenze si colloca nel solco dei convegni ecclesiali che, a partire da quello di Roma del 1976, hanno scandito il cammino postconciliare della Chiesa che è in Italia, quasi a rimarcare con anniversari decennali l’eredità conciliare. Ma questa volta il Convegno ecclesiale nazionale si svolgerà quasi in concomitanza con il cinquantesimo anniversario della chiusura del Vaticano II. Questa non potrà essere semplicemente una felice coincidenza quanto piuttosto una consapevole assunzione di responsabilità nei confronti dell’eredità del Concilio. Il prossimo decennio di vita ecclesiale sarà infatti caratterizzato dal definitivo passaggio del testimone tra la generazione di pastori e di laici che hanno vissuto e applicato il Concilio in questi cinquant’anni a quella generazione di cattolici che sarà invece chiamata a pensare e intraprendere una nuova fase della recezione del Vaticano II in ogni ambito della vita della Chiesa che è in Italia. E’ un’evidenza, non certo una profezia, costatare che di fronte a questa nuova generazione di pastori e di laici sembra prospettarsi il duplice compito di coniugare fedeltà al Vaticano II e creatività nei confronti dell’oggi della Chiesa e del mondo. Un compito che dal magistero di papa Francesco sta progressivamente prendendo corpo, a partire dal contenuto e dello stile di Evangelii gaudium che, a ben guardare, rappresenta l’oggi del Concilio, e che non è improprio definire il vero documento preparatorio del Convegno ecclesiale nazionale di Firenze.

Non si può di certo ignorare le perplessità che il tema dell’umanesimo scelto per il Convegno ecclesiale di Firenze suscita, insieme a un diffuso clima di disillusione per questo genere di appuntamenti ecclesiali, ampliato dalla constatazione di una loro qual certa irrilevanza nell’ordinaria vita delle comunità cristiane e la mancata verifica dell’effettiva ricezione degli obbiettivi. Papa Francesco, parlando ai vescovi italiani lo scorso maggio in occasione dell’ultima assemblea generale ha detto: “Manca l’abitudine di verificare la recezione di programmi e l’attuazione dei progetti, ad esempio, si organizza un convegno o un evento che, mettendo in evidenza le solite voci, narcotizza la comunità, omologando scelte, opinioni e persone”. Queste parole schiette di papa Francesco non possono non assumere un significato anche per il Convegno ecclesiale nazionale di Firenze.

Declinare il tema In Gesù Cristo il nuovo umanesimo in termini di umanità della fede, consentirebbe anzitutto di superare ogni sospetto di intellettualismo culturale e filosofico al quale il vocabolo “umanesimo” è inevitabilmente associato, e mostrare come l’idea matrice del Convegno ecclesiale nazionale di Firenze sia in tutto riconducibile, da una lato, all’umanità concretamente vissuta da Gesù e, dall’altro, alla reale umanità degli uomini e delle donne di oggi.

E’ particolarmente significativo notare che nell’Invito al Convegno come nella Traccia il testo del Concilio più citato sia, non a caso, la costituzione pastorale Gaudium et spes, più esattamente la sua cristologia che, a ben guardare, rappresenta l’intuizione guida nella preparazione al Convegno ecclesiale. Questa intuizione rappresenta la possibilità affinché questo Convegno possa incidere realmente nella vita delle Chiese locali del nostro paese e, al contempo, percorrere un cammino di fedeltà creativa al Concilio.

Nei testi preparatori del Convegno ecclesiale si citano due tra i più noti passaggi di Gaudium et spes ripresi anche nelle prime battute di Evangelii gaudium: “Nel mistero del Verbo incarnato viene chiarito il mistero dell’uomo …. (Cristo) rivelando il mistero del Padre e del suo amore, svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa conoscere la sua altissima vocazione”. Poco oltre: “Chiunque segue Cristo, uomo perfetto, diventa anche lui più uomo”.

A ben guardare, Gaudium et spes è la carta di un umanesimo cristiano scritta in dialogo fraterno con il mondo contemporaneo. La sua intenzione è di rivolgersi a tutti gli uomini e le donne, anche non credenti, per assumere i loro interrogativi, le angosce e le speranze, in quanto, come si legge, “si tratta di salvare la persona umana, si tratta di edificare la società umana”. Questo porta il Concilio a collocare il Gesù della storia nel cuore stesso della storia umana: qui sta l’innovazione cristologica del Concilio. Personalmente sono persuaso che questa debba essere la via che anche il Convegno ecclesiale di Firenze dovrà seguire: l’uomo di ogni tempo incontra Dio nell’umanità di Cristo. Questa è l’intuizione comune tra Gaudium et spes e l’idea matrice del prossimo Convegno ecclesiale nazionale.

Portare fino in fondo l’idea matrice del Convegno ecclesiale di Firenze significa dunque erigere l’umanità di Gesù a ipotesi di lavoro: anzitutto a ipotesi di lavoro della Chiesa che è in Italia nel dialogo con la società italiana, con gli uomini e le donne del nostro tempo, mostrando che nella concreta umanità di Gesù Cristo narrata nei Vangeli possiamo riconoscere e fare la nostra verità di uomini e donne di questo mondo. In questa prospettiva, parlare di “umanesimo evangelico” significa chiedersi qual è l’ideale di essere umano proposto dal Vangelo e quale Chiesa essere, quali comunità di fede realizzare per raggiungere questo obiettivo. La questione di fondo del Convegno dovrebbe essere: di quale tipo di comunità cristiana abbiamo bisogno oggi per vivere l’humanitas Christi anzitutto noi credenti? Quale umanità testimoniano alla società italiana la vita delle nostre comunità cristiane? Quale umanità proporre all’uomo di oggi come cristiani se fatichiamo a essere una “Chiesa umana”, cioè segno di quell’umanità di Cristo che i Vangeli narrano? Questo significa che anche nell’attuale collaborazione tra credenti e umanisti a “osare l’umanesimo”, secondo l’invito espresso da Julia Kristeva, per i credenti l’umanesimo evangelico resta in ogni caso la norma e l’orizzonte, in quanto, come scrive Ivan Illich, “l’umanista moderno non ha bisogno del Vangelo come norma: il cristianesimo invece vuole restare libero di trovare, attraverso il Vangelo, una dimensione di effettiva sorpresa, al di là e al di sopra della ragione umanistica che motiva la sua azione sociale” (Rivoluzionare le istituzioni. Celebrazione della consapevolezza, Milano 2012).

Assumere fino in fondo l’intuizione che caratterizza il Convegno ecclesiale significa per prima cosa assumere noi credenti, come singoli e come comunità, l’impegno a un cammino personale di umanizzazione evangelica, consapevoli che questo cammino di umanizzazione contribuirà all’approfondimento della nostra fede, nella certezza che lo Spirito santo può divinizzare solo ciò che noi abbiamo umanizzato. Dietrich Bonhoeffer ha scritto in Resistenza e resa: “Essere cristiano non significa essere religioso in un determinato modo …. Cristo crea in noi non un tipo d’uomo, ma un uomo. Non è l’atto religioso a fare il cristiano, ma il prendere parte alla sofferenza di Dio nel mondo”.

L’interrogativo al quale oggi non solo il Vangelo ma anche la società ci impone di rispondere è questo: quale rapporto c’è tra l’appartenenza cristiana, la decisione di essere cristiani e quel cammino umano, di umanizzazione, che ci rende maggiormente capaci di umanità? Il titolo del Convegno di Firenze potrebbe allora essere così declinato Nell’umanità di Cristo il nuovo umanesimo. Il novo umanesimo portato da Cristo è la sua stessa umanità, secondo l’icastica espressione di Ireneo di Lione: “Ha portato ogni novità portando sé stesso”. (Contro le eresie IV, 34, 1)

Il Convegno ecclesiale nazionale di Firenze sarà il primo incontro con papa Francesco della Chiesa che è in Italia nel suo più ampio e rappresentativo convenire, con oltre 2500 delegati delle diocesi. E’ il papa ad aprire i lavori del Convegno ecclesiale con un suo discorso all’assemblea.

Il tempo ampio dedicato ai lavori nei gruppi – un giorno e mezzo – e il metodo adottato che favorirà un confronto volutamente capillare. Pertanto, l’interazione tra le parole del papa e l’ampio confronto da parte dei delegati diocesani potrebbe realizzare un serio lavoro sinodale di discernimento sul presente e il futuro della Chiesa che è in Italia, in uno spirito di partecipazione e comunione.

Questo potrà rappresentare il grande interesse del Convegno ecclesiale di Firenze attorno a un tema, quello del cammino di fede e del cammino ecclesiale come cammino di umanizzazione, non da declinare in prospettiva intellettuale ma esistenziale. I lavori del 5° Convegno ecclesiale nazionale mostreranno la maturità della Chiesa che è in Italia, il discernimento della realtà ecclesiale e sociale di cui i cattolici e le cattoliche italiane saranno capaci. Ma sarà soprattutto il primo luogo di verifica della reale sinergia della Chiesa che è in Italia con il messaggio e lo stile di papa Francesco.