Da Assisi… Per andare oltre la cronaca del Convegno nazionale per l’ecumenismo

Assisi, Novembre 2017 ©Umberto Panipucci
Assisi, Novembre 2017 ©Umberto Panipucci

Riccardo Burigana per Finestra ecumenica

«Si deve ringraziare il Signore per questi giorni di condivisione, di confronto, di preghiera ma ora cosa dobbiamo fare?»: così si possono leggere i pensieri di molti al termine del convegno Nel nome di Colui che ci riconcilia tutti in un solo corpo (cfr. Ef 2,16)», che si è tenuto a Assisi nei giorni 20-22 novembre. Il convegno è stato un passaggio particolarmente fecondo per il dialogo ecumenico in Italia; dal momento che ha offerto la possibilità di fare un primo bilancio di un cammino ecumenico di formazione e di approfondimento, che, iniziato nel 2014, ha vissuto una stagione di grande vivacità in questo anno di «commemorazione comune» del 500° anniversario dell’inizio della Riforma. Infatti, nel novembre 2014, a Salerno, si era tenuto un convegno nazionale, Invocheremo il Nome dell’Eterno concordemente uniti. Prospettive sul re-incontro tra ebrei e cristiani, promosso dall’Ufficio Nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso (UNEDI) della Conferenza episcopale italiana, con il sostegno della Commissione episcopale per il dialogo, allora presieduta dal compianto mons. Mansueto Bianchi. Con questo convegno l’UNEDI, che da quasi un anno aveva un nuovo direttore, don Cristiano Bettega, si proponeva di iniziare un percorso di formazione partendo proprio dalle radici del dialogo ecumenico, cioè il rapporto con il popolo ebraico e le sue tradizioni, secondo lo spirito del concilio Vaticano II, che aveva trovato una sua espressione, non solo nella dichiarazione Nostra aetate sulle religioni non-cristiane, ma, soprattutto, in una serie di documenti ufficiali del magistero della Chiesa Cattolica; questi documenti avevano alimentato questa prospettiva, sulla quale si era sviluppata una profonda sintonia nel movimento ecumenico, anche se non vanno taciute riserve e perplessità di coloro che non volevano abbandonare quelle posizioni che avevano impedito il dialogo tra cristiani ed ebrei per secoli. Al convegno di Salerno sono seguiti il convegno Unica è la Sposa di Cristo (Bari, 23-25 novembre 2015) sulle relazioni tra la Chiesa Cattolica le Chiese Ortodosse e poi il Convegno di studio sulle relazioni tra la Chiesa Cattolica e le Chiese nate dalla Riforma in preparazione al V Centenario dell’avvio della Riforma Luterana (1517-2017) (Trento, 16-18 novembre 2016).

Il convegno di Trento si collocava a poche settimane dalla preghiera ecumenica del 31 ottobre 2016, a Lund, dove papa Francesco e il vescovo luterano Younan Munib, allora presidente della Federazione Luterana Mondiale, avevano aperto l’anno di «commemorazione comune» del 500° anniversario dell’inizio della Riforma, indicando un cammino di approfondimento e di condivisione per cattolici e per luterani, aperto però a tutti i cristiani, in modo da favorire un recupero delle ricchezze spirituali, teologiche e culturali del XVI secolo per rendere sempre più efficace la testimonianza cristiana nella società del XXI secolo, una volta riconosciuti i silenzi, le paure, le povertà che, per secoli, avevamo impedito la conoscenza di questo patrimonio, se non in una forma confessionale, che lo aveva depauperato. Questa prospettiva non era una novità, soprattutto alla luce dei passi del dialogo cattolico-luterano a partire dalla conclusione del Vaticano II, ma ha assunto un valore del tutto speciale per i contenuti e lo stile con i quali è stata vissuta la preghiera ecumenica di Lund. Il convegno di Trento va quindi letto in questa prospettiva, ma sarebbe riduttivo vederlo come un frutto di Lund, dal momento che la definizione del programma de convegno di Trento era stata portata a termine dall’UNEDI insieme alla Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI), facendo quindi l’esperienza di una «commemorazione comune» che teneva conto di quanto fatto dal cammino ecumenico in Italia in modo da aprire nuovi orizzonti di collaborazione e di testimonianza. 

Proprio dall’esperienza della preparazione del convegno di Trento è nata l’idea di organizzare un convegno con il contributo di tutti i cristiani in Italia; la costituzione di questo gruppo di lavoro – al quale sono stati invitate le Chiese cristiane presenti in Italia che hanno risposto nella quasi totalità – per la definizione del programma di un convegno ecumenico sulla categoria di riforma nella vita plurisecolare della Chiesa; con questo tema si voleva promuovere un’ulteriore condivisione del patrimonio cristiano, declinato in forme molto diverse, a partire proprio dall’idea di riforma. Al tempo stesso si voleva offrire un contributo significativo alla stagione di incontri, iniziative, preghiere e viaggi che ha coinvolto tanti cristiani in Italia, che si sono interrogati sulla vita della Chiesa e sull’importanza del cammino ecumenico prendendo spunto spesso dalla figura e dall’opera di Lutero e, talvolta, dalle riforme religiose del XVI secolo. Questa stagione ha portato a nuove forme di condivisione tra la Conferenza Episcopale Italiana e la Chiesa Evangelica Luterana in Italia (CELI), che il 31 ottobre hanno pubblicato un documento Riconciliarsi per annunciare il Vangelo, firmato a Assisi da mons. Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone-Veroli, presidente della Commissione episcopale per il dialogo della CEI, e dal pastore Heiner Bludau, decano della CELI, suscitando interesse e curiosità in tante comunità locali che hanno cominciato a incamminarsi sulla strada della condivisione delle diverse tradizioni per costruire l’unità visibile della Chiesa.

Il convegno di Assisi è un frutto e un seme di questa stagione, come ha ricordato mons. Spreafico, nella relazione che ha aperto il convegno. A questa è seguita la meditazione di Valdo Bertalot, segretario della Società Biblica in Italia, sul passo biblico (Efesini 2,1-11) che era stato scelto proprio per sottolineare le radici bibliche di un cammino di riforma della Chiesa. La sera è stata dedicata alla Basilica Superiore di San Francesco, dove tre voci cristiane hanno presentato le ricchezze iconografiche per il cammino ecumenico in uno spirito di condivisione, che consente di rileggere insieme figure, come Francesco, che appartengono alla tradizione della Chiesa indivisa in Occidente. Fin da questa giornata ogni sessione del convegno è stata aperta e conclusa dalla presentazione di cristiani e cristiane che, nei secoli, con accenti molto diversi, si sono posti la questione dell’unità della Chiesa in relazione all’efficacia dell’annuncio della Parola di Dio; si era pensato di proporre queste figure di tradizioni cristiane diverse nella convinzione che proprio la loro conoscenza aiuta la condivisione di quello che già unisce i cristiani del XXI secolo.

Nella seconda giornata è stato affrontato la Eredità della Riforma, pluralità delle riforme in una prospettiva storico-teologica, con la quale mostrare come le letture storiche della Riforma del XVI secolo non hanno aiutato a conoscere la pluralità di progetti di riforma della Chiesa, anche solo quelli all’interno del mondo protestante, come hanno messo in evidenza le due relazioni di Silvana Nitti e di Carmine Napolitano; al francescano Roberto Giraldo, a lungo preside dell’Istituto di Studi Ecumenici di Venezia, era stato chiesto di delineare la categoria «riforma» nel dialogo teologico contemporaneo, dal quale emerge come proprio questa categoria venga considerata centrale nella conversione dei cuori e delle menti che è chiesta per vivere l’ecumenismo nella quotidianità dell’esperienza di fede. Il padre armeno Tovma Khachatryan ha introdotto i partecipanti nell’universo della teologia armena che si è confrontata, diverse volte nella sua storia, con l’idea di riforma. Sempre nella mattina del primo giorno mons. Roberto Filippini, vescovo di Pescia, la pastora battista Lidia Maggi e il padre copto Antonio Gabriel hanno affrontato il rapporto tra Bibbia e tradizione nella vita della Chiesa così come è vissuto dalle singole tradizione cristiane, mostrando quanto la centralità della Parola di Dio costituisca un punto fermo nel cammino ecumenico, anche se di essa continuano a esserci approcci esegetici ed ermeneutici molto diversi da Chiesa a Chiesa. Nel pomeriggio padre Ionut Coman, responsabile del dialogo ecumenico per la Chiesa Ortodossa Romena in Italia, la pastora Daniela Di Carlo della comunità valdese di Milano e mons. Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo, hanno proposto delle riflessioni su Le Chiese nella sfida di annunciare Gesù Cristo oggi, per indicare quali strade i cristiani del XXI secolo possono, e devono, percorrere in una società sempre più interconfessionale e interreligiosa. La seconda serata del convegno è stata dedicata alla preghiera: il Consiglio delle Chiese cristiane di Perugia, attualmente presieduto da Annarita Caponera, ha organizzato un momento di preghiera, nella Basilica Superiore di Assisi, dove a tutti i partecipanti al convegno è stato chiesto di ringraziare il Signore per il cammino compiuto nella reciproca conoscenza e di domandare ancora un aiuto per approfondire la comunione nel rispetto delle diverse tradizioni cristiane e della pluralità delle anime delle singole comunità in modo da assumere impegni concreti per testimoniare nel mondo la cultura dell’accoglienza.

Il terzo giorno, che si è aperto con una meditazione del Salmo 118 da parte di un monaco di Bose della fraternità di San Masseo di Assisi, è stato pensato come uno spazio di confronto, per gruppi, tra i partecipanti del convegno, ai quali era stato chiesto di confrontarsi sul rapporto tra Chiesa e cultura nella società italiana contemporanea; a questi gruppi, il cui lavoro è stato introdotto da tre brevi riflessioni del padre ortodosso Ionut Coman, del pastore avventista Davide Romano e di don Francesco Scanziani, della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, era stato domandato di formulare delle proposte per la redazione di un messaggio che da Assisi, dall’esperienza della sua preparazione e della sua celebrazione, doveva rivolgere a tutti i cristiani in Italia per radicare sempre più il cammino ecumenico nella vita delle comunità locali.

A don Cristiano Bettega, direttore dell’UNEDI, al pastore Luca Negro, presidente della FCEI, e al padre Evangelos Yfantidis, vicario della Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia e Malta del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, arrivato proprio per questo momento conclusivo, erano state affidate le conclusioni del convegno; in questa sede, don Cristiano Bettega e il pastore Luca Negro, hanno annunciato la volontà, già emersa nel gruppo ecumenico che si era occupato della preparazione del convegno, di creare una struttura stabile a livello nazionale: per don Bettega «abbiamo raggiunto bei risultati, che forse qualche tempo fa potevano sembrare utopia, ma mi pare che adesso sia necessario andare oltre, e inventare e costruire gesti di comunione sempre più concreti. E questo lo dobbiamo fare noi, non possiamo pensare che arrivi sempre dai nostri vertici, come una sorta di manna dal cielo: la manna c’è, ed è la Parola di Dio innanzitutto, ma poi siamo noi che abbiamo il compito di spezzarla e condividerla: con umiltà però, accogliendo il fatto che ciascuno può dire qualcosa all’altro ma anche imparare molto dall’altro».

Il 5 dicembre, a Roma, presso la sede della CEI, il gruppo di lavoro che ha preparato il convegno di Assisi, è tornato a riunirsi per discutere la bozza del messaggio da Assisi e la nascita di una struttura stabile, mentre non c’è stato il tempo per un confronto su un possibile tema per un convegno ecumenico nell’autunno del 2018; questo messaggio è articolato in una prima parte nella quale sottolineare il rilievo e il significato del cammino ecumenico in Italia, anche alla luce dell’esperienza del convegno di Assisi, e in una seconda parte nella quale porre delle domande a tutti i cristiani per vivere sempre più la dimensione ecumenica dell’esperienza di fede in Cristo, come una scelta irreversibile che aiuta ad affrontare le sfide dell’oggi e del domani. Al termine di un vivace e partecipato dibattito si è giunti a una versione definitiva del messaggio Ecclesia semper reformanda est che, dopo un ulteriore passaggio, resosi necessario per recepire e valutare le osservazioni di quanti non erano presenti a Roma il 5 dicembre, è stato reso pubblico, formulando l’auspicio che possa essere letto in occasione della prossima Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, così da rilanciare il comune impegno per la costruzione di un’unità visibile della Chiesa, arricchita e sostenuta dalla condivisione dei passi compiuti dal dialogo ecumenico e dalle peculiarità delle singole tradizioni, che sono doni da vivere insieme nella gioia di annunciare e vivere la Parola di Dio.

Sempre il 5 dicembre si è stabilito di far nascere la Consulta ecumenica delle Chiese cristiane presenti in Italia, specificando che non si tratta di una struttura giuridica ma di un punto stabile di incontro che, come ha affermato don Cristiano Bettega, è «segno della volontà di continuare insieme il cammino intrapreso negli ultimi anni dalle Chiese, con l’intenzione di avere un organo di collegamento e consultazione il più veloce e agile possibile per poter intervenire come cristiani su temi di attualità o di emergenza e promuovere iniziative comuni; un organismo però che possa anche venir riconosciuto in via ufficiale da ciascuna delle parti in causa, da ciascuna Chiesa quindi». In una prossima riunione, annunciata per il 12 febbraio, la neonata Consulta sarà chiamata a approfondire non solo le regole su come lavorare, ma anche a delineare come proseguire il cammino, insieme, per il 2018 in uno spirito di servizio alla causa ecumenica che nasce dal farsi obbedienti alla parola di Cristo di «essere uno» nell’amore, nella gioia e nella speranza.

In questa ottica mi pare opportuno segnalare in conclusione gli Atti del Convegno che il Monastero di Bose ha dedicato nel 2015 a Riformare insieme la chiesa. Del volume, edito da Qiqajon, ho curato una recensione sul sito dell’UNEDI facendo emergere come: “il rapporto tra riforma ed ecumenismo percorre questa raccolta di saggi, costituendo uno dei tanti elementi che ne rendono la lettura tanto arricchente e stimolante per una riflessione sulla natura e sul ruolo della Chiesa nel XXI secolo, chiamata a riconciliare le memorie delle diverse tradizioni, per annunciare, insieme, la Buona Novella così da scoprire nella fedeltà a quanto chiesto da Cristo ai suoi discepoli, da sempre, la vera e unica riforma.