La visita dell’Arcivescovo di Canterbury Rowan Williams a Bose

L'arcivescovo di Canterbury Rowan Williams
L'arcivescovo di Canterbury Rowan Williams

 

Nei giorni scorsi la nostra comunità ha vissuto un momento di particolare grazia ricevendo la visita dell’arcivescovo di Canterbury e primate della Comunione anglicana Rowan Williams, accompagnato dal can. Jonathan Goodall, suo assistente per le relazioni ecumeniche e anch’egli amico della nostra comunità, alla presenza anche del can. David Richardson, rappresentante dell’arcivescovo di Canterbury presso la santa Sede e direttore del Centro anglicano di Roma. Nonostante i suoi impegni ancora numerosi in questi mesi immediatamente precedenti la fine del suo ministero, l’arcivescovo ha risposto prontamente e con gioia al nostro invito a trascorrere due giorni con noi, occasione per celebrare con lui l’amicizia nata e cresciuta negli anni e per manifestargli il nostro grande riconoscimento per il ministero episcopale svolto in questi ultimi dieci anni a servizio dell’unità all’interno della Comunione anglicana e, più in là, a servizio di tutte le chiese.

Sabato 15 settembre l’arcivescovo ha presieduto i primi vespri nella nostra chiesa monastica e alla sera ha avuto con la comunità un incontro fraterno in cui, rispondendo ad alcune domande, ha accennato a diverse questioni, nello stile evangelico, franco e dialogico al contempo, che lo contraddistingue. Parlando della chiesa, che ha definito “lo spazio di coloro che riconoscono di non avere altra dimora se non nell’amore reciproco”, egli ha sottolineato l’urgenza di raccogliere la sfida per offrire “un’immagine più globale di umanità”, diventando “in maniera autentica una comunità più eucaristica”; solo così – ha detto – i cristiani, “afferrati dall’amore di Dio più che da atti propri”, sapranno rispondere a “Dio che chiede parole nuove per situazioni nuove”. Parlando del suo ministero di comunione, ha evidenziato come la sofferenza maggiore sia stata per lui la consapevolezza della divisione all’interno della Comunione anglicana, e come invece la gioia più grande sia stata il vedere, nelle parrocchie, semi di vita nuova, forme di vita evangelica comunitaria più rispondenti alle necessità dell’uomo e della società di oggi. Parlando infine della spiritualità cristiana, l’arcivescovo ha sottolineato come essa debba assumere la forma di quella che ha definito “spiritualità della vulnerabilità”, e come la vita contemplativa e monastica possano esplicitare al meglio, di fronte all’umanità, questa spiritualità “in modo vulnerabile, autentico e gioioso”.