La mia musica è quasi un mattutino monastico

Arvo Pärt e Enzo Bianchi
Arvo Pärt e Enzo Bianchi
Gli ottant’anni Arvo Pärt 

L’11 settembre scorso Arvo Pärt ha compiuto ottant’anni. Proprio a Bose aveva festeggiato il compimento dei sessantacinque, con un concerto di sue musiche nella chiesa ecumenica di Bose. Amico da molto tempo del priore (cui per i settant’anni ha dedicato un suo brano, Laudate) e della comunità, nel desiderio di porgergli il nostro augurio più fraterno riportiamo alcuni passi significativi di un’intervista fattagli da fr. Enzo nel 2006:

Come vorrebbe che s'ascoltasse la sua musica?
«La mia musica è fatta per essere ascoltata al mattino presto, quando le cose escono dal buio, dal silenzio... E’ quasi un mattutino monastico».

Si può definire preghiera?
«No, forse è un ponte tra me e La preghiera».

Qual è l'ostacolo più difficile per la vita spirituale, o, in un artista, per l'attività creativa?
«Il successo: allontana dalla purezza, è inevitabile. Dobbiamo essere pronti alla lotta spirituale».

Che cosa significa la vocazione di musicista?

«A casa mia c'era un pianoforte: forse da quello è nato tutto, ma la verità è che noi non sappiamo qual è la nostra vocazione... Per me è stata un'obbedienza, la vivo come un lavoro manuale. Ciascuno di voi nel suo lavoro si comporta allo stesso modo. Per quanto sia serio e difficile, anche il lavoro con la musica si fa soltanto con il tempo, richiede tempo».

La preghiera conduce l'orante al silenzio…C'è un'analogia tra questa esperienza di silenzio e l'uso che lei fa del silenzio, della pausa?

«Una corrispondenza, forse. Di questo si è scritto molto, ma chi ne scrive non sa che dentro di me non c’è la quiete, ma il rumore... Io e la mia musica siamo due cose diverse: può darsi chein questa musica ci sia un codice segreto che io stesso non conosco. Voi vi avvicinate a questa musica con la fede in Gesù Cristo, lui è onnipotente e può usare anche lo sporco per sanare: forse è questo che può riscaldare il vostro cuore... Un proverbio russo dice: "Quando manca la pelliccia, anche il caffettano scalda". E così possiamo consolarci gli uni gli altri».

E’ la parola che guida la musica, o è la musica che cerca la parola?

«Che cosa era "in principio", la musica o la parola? "E la Parola era presso Dio e la Parola era Dio": è una parola che per noi è irraggiungibile, perché è Tutto, essa nutre ogni cosa, è la prima fonte di ogni cosa. Io faccio fatica a scrivere musica, ed è tanto più difficile quanto più mi allontano dalla Parola; a volte, mi sembra meglio cantare su una sola nota per salvare le parole e non cadere nella volontà propria...».

Perché un brano sulla Sindone? Che cosa ha cercato di dire con quest'opera?

«Ci sono molte implicazioni, molti significati. Sono un cristiano, un semplice credente…Ho accostato la sindone con timore, con coscienza della mia insufficienza... Ho cercato di sottolineare solo alcune note, alcune impressioni, attraverso il linguaggio della musica che tenta di balbettare l'ineffabile».

La Sindone, l'immagine di un sofferente: che cosa può dire al nostro mondo cosi lacerato spesso proprio per le sofferenze che gli uomini infliggono ad altri uomini?

«La compassione, la misericordia, il non giudizio assoluto... Ognuno cerca di svolgere il modesto compito che gli è assegnato (almeno così penso di me). Dobbiamo portarci gli uni gli altri e comprenderci, senza giudicarci. Solo più tardi apparirà chiaro, nella luce di Dio, se quanto abbiamo fatto è stato giusto o ingiusto...».