Message de Pavel, métropolite de Minsk et Sluck
TRADUCTION ITALIENNE DU MESSAGE DU METROPOLITE PAVEL DE MINSK ET SLUCK,
EXARQUE PATRIARCAL DE TOUTE LA BIELORUSSI
AUX PARTICIPANTS DU XXIIe COLLOQUE OECUMENIQUE DE BOSE
Bose, Italia 3-6 settembre 2014
Reverendissimo padre Enzo Bianchi!
Eccellentissimi Vescovi!
Cari padri, fratelli e sorelle!
Di tutto cuore rivolgo il mio saluto a tutti voi, che partecipate al XXII Convegno ecumenico internazionale “Beati i pacifici”.
Le parole, prese come titolo del nostro incontro, sono parole del Signore, da lui pronunciate nel grande Discorso della montagna tra altri annunci delle beatitudini. La beatitudine degli operatori di pace implica, secondo le parole del Salvatore, che essi saranno chiamati figli di Dio (Mt 5,9).
Lo sguardo biblico sull’uomo rivela all’uomo la sua debolezza, la sua limitatezza in quanto essere creato, ma che al tempo stesso, se si affida totalmente a Dio, e vive secondo i comandamenti, può ricevere doni straordinari, che lo rendono un essere veramente simile a Dio.
Parlando oggi dell’opera della pace, del dialogo politico, della custodia dell’eredità culturale, noi a volte perdiamo fiducia nell’efficacia dei nostri sforzi.
L’Africa, la Siria, la Palestina, l’Ucraina… I punti caldi del nostro pianeta sono infiammati dalle passioni del dubbio di mantenere doppi standard, di perseguire fini nascosti, che distruggono l’atmosfera della fiducia reciproca. Il problema è complicato dal fatto che spesso coloro che sono chiamati a parlare di pace e riconciliazione sono implicati in questa conflitto di passione e ne sono preda.
In questo contesto mi sembra possibile ricordare l’esperienza spirituale di santi cristiani molto vicini a noi nel tempo, dell’inizio del xx secolo. Cent’anni fa, quando iniziava la prima guerra mondiale, molti giovani furono mandati al fronte, dove avrebbero dovuto uccidere o essere uccisi. Un monaco russo del Monte Athos, l’archimandrita Sofronio (Sacharov), condivide le sue esperienze spirituali di quel tempo con la franchezza del salmista.
Mi permetto di ricordare le sue parole: “Le sofferenze del mio spirito erano suscitate dalle catastrofi esteriori, ed io, effettivamente, le identificavo con il mio destino personale: la mia morte prendeva il carattere della scomparsa di tutto ciò che avevo conosciuto, di ciò cui ero vitalmente legato… In me, con me, sarebbe morto tutto quello che abbracciava la mia coscienza: le persone vicine, le loro sofferenze e il loro amore, tutto il progresso storico, la terra intera in generale, e il sole, le stelle, e lo spazio sconfinato; e persino lo stesso Creatore del Mondo, anche Lui sarebbe morto con me; tutto completamente tutto l’essere sarebbe stato inghiottito dalla tenebra della dimenticanza”.
In tal modo padre Sofronio accoglieva gli ebeti della prima guerra mondiale. In parte, un sentimento simile della catastrofe di ciò che sta avvenendo ora nel mondo afferra anche noi. Penso che tutti voi ricordiate come l’incontro con un altro grande asceta, lo starec Silvano del Monte Athos, abbia cambiato tutta la vita di padre Sofronio. Le parole chiave, che lo avrebbero riconciliato con la vita e con Dio, furono il consiglio spirituale di padre Silvano: “Tieni la tua mente all’inferno e non disperare”.
Ritengo che solo una tale estrema fiducia in Dio, al limite della disperazione, sia in grado di strapparci dal potente campo del peccato. Questo vale sia per l’individuo, sia per la società come insieme. Il sangue che oggi è versato nella guerra fratricida in Ucraina, sfigura la vita su questa terra in inferno. Ciò che è più triste e più terribile, è che i principi dell’inimicizia e del conflitto, noi non li cerchiamo in noi stessi, nei nostri peccati e nelle nostre passioni, ma ne cerchiamo sempre la causa in qualcun altro, e di nuovo ricominciamo a giudicare e a polemizzare fino a che non comprenderemo che la radice della contrapposizione è in me, nei miei peccati e nelle mie passioni. È qui che è necessario ristabilire la pace. La pace nel proprio cuore, la pace con Dio e con il prossimo. Ecco allora inizierà anche la vera pace.
Poco tempo fa Minsk, la capitale della Bielorussia, ha ospitato un dialogo per la regolazione di questo conflitto. La chiesa ha partecipato con la preghiera e continua ad accompagnare con la preghiera questi sforzi internazionali. Tuttavia la pace, come sembra, sarà ristabilita solo quando ci sarà un cambiamento in coloro che sono implicati nel conflitto.
La pace non è possibile senza giustizia, senza che tutte le forze dell’anima siano dirette all’adempimento dei comandamenti di Dio. La pace è un dono di Dio, come dice l’apostolo Paolo: il frutto dello spirito è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, misericordia, fede, mitezza, temperanza (Gal 5,22-23).
E così, operare la pace significa uno sforzo comune di Dio e dell’uomo. Fare la pace significa avere il coraggio della fede. Il dialogo tra gli uomini può avere successo solo quando noi uomini e donne prenderemo parte al dialogo con Dio. Il Signore nel suo desiderio di portare a noi il Regno di Dio andò alla crocifissione. Anche noi dobbiamo rispondergli con la fedeltà ai suoi comandamenti, con l’obbedienza fino a fare morire il nostro uomo vecchio, dopo di che potremo rinascere come gigli di Dio e portare la pace dei nostri cuori a coloro che hanno bisogno di una parola di consolazione, di pace, di comprensione e di amore.
Cari fratelli e sorelle! Vi ringrazio per il vostro costante sforzo, che organizzando e partecipando a questi tradizionali incontri nel monastero della Trasfigurazione di Bose, mettete in opera per rafforzare la pace tra i cristiani, ma questo significa anche tra i popoli che essi rappresentano.
A tutti auguro un lavoro fruttuoso e la benedizione di Dio
Il metropolita di Minsk e Sluck
Esarca patriarcale di tutta la Bielorussia,
PAVEL