Abitare il mondo senza dominarlo


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Sottrarsi al fascino del potere. Abitare questo mondo senza dominarlo. riallacciare una relazione fraterna con gli esseri in una sorta di amicizia francescana per la creazione. Ritrovare ciò che è gratuito, che è donato, che è imprevisto, inaudito… Qui “comunione dei santi” acquista il suo significato; coloro che sono depositari del potere possono essere segretamente posti a beneficio di coloro che hanno rinunciato a ogni potere: del resto il celibato del monaco forse non aiuta e contribuisce alla rettitudine del legame coniugale? E la povertà del monaco non aiuta e contribuisce a un uso moderato dei beni?
Questa nuova dialettica tra il non-potere e il potere, tra il non-godimento e il godimento, tra l’obbedienza e l’autonomia può essere vissuta molto concretamente come quella tra l’etica della convinzione e l’etica della responsabilità. Proprio a partire da questa dialettica concretamente vissuta potremmo cominciare a intravedere una risposta a questa semplice domanda: quali segni di grazia possiamo trovare e donare in questo mondo del consumo spinto all’estremo, che ora è anche il mondo del desiderio senza fine?.
Personalmente mi sembra che stiano prendendo forma alcuni comportamenti significativi:

  • tentare di far prevalere in ogni cosa, l’atteggiamento del creatore su quello del consumatore (consumo, consumazione, distruzione);
  • resistere alla fuga nel tempo libero, voglio dire alla tentazione di trasferire sul tempo libero tutto il senso del lavoro umano; restituire al lavoro il suo senso specifico e pieno, il che è in relazione con la preoccupazione precedente;
  • anche nel tempo libero, resistere alle suggestioni e agli impulsi del consumo di massa; ritrovare la strada della cultura personale e libera. Per questa via mantenersi in relazione con ciò che è stato e ciò che è creatore;
  • tornare a radicarsi nuovamente nella memoria della nostra cultura. L’innovazione tecnica cancella il passato, fa di noi degli esseri al futuro; ma l’uomo di cultura deve continuamente mediare tra la memoria (cultura) e il progetto (utopia). È nella misura del nostro ritorno alle fonti che siamo uomini con un orizzonte. Restiamo e diventiamo creatori a partire da una re-interpretazione del passato che senza sosta c’interpella. Tutto è già stato detto… Noi siamo nati nella luce della parola e dobbiamo esplicitarla senza fine (P. Ricoeur, “Habiter le monde sans le dominer”, in AA.VV;, L’Église vers l’avenir, Cerf, Paris 1969, pp. 143-144).