Non riesco a staccarmi dai miei peccati!

Talora si sente dire: "Non riesco a staccarmi dai miei peccati! Se avessi commesso qualche grave peccato forse ne sarei rimasto scosso, ma tutto l'insieme dei miei peccati non pesa su di me più di un velo di polvere. Ci si abitua, come ci si abitua a vivere nel disordine del proprio ap­partamento". Non ci rendiamo conto che certe volte è più difficile sbarazzarsi di una quantità di peccati piccoli che di un solo peccato grave. Infatti il peccato grave può scuoterci a tal punto che, malgrado la nostra incapacità di restare vi­gilanti, ci risvegliamo. Invece i peccati della vi­ta quotidiana... Nella vita di un folle in Cristo, il russo Aleksij, del governatorato di Voronez, si racconta che egli ricevette la visita di due don­ne. La prima aveva la coscienza tormentata da un orribile peccato che aveva commesso, l'altra non faceva che piagnucolare: "Sono una pecca­trice, come tutti; voi sapete, padre mio, che non è possibile vivere senza peccare". Egli mostrò loro concretamente che cosa significavano le lo­ro parole mandandole in un campo. A quella che aveva commesso l'unico peccato che la op­primeva, comandò di andare a cercare la pietra più grossa che poteva sollevare e di portargliela; alla seconda ordinò di raccogliere nel grembiule tutti i ciottoli che riusciva a raccogliere. Quan­do le due donne tornarono, egli chiese a entram­be di andare a riportare, una la grossa pietra e l'altra i ciottoli, nel punto esatto in cui li aveva­no presi. La prima andò diritto al luogo in cui aveva raccolto la pietra, la cui impronta era an­cora visibile sul suolo, la rimise a posto e ritor­nò. Quanto alla seconda, si mise a vagare senza riuscire a ricordarsi dove aveva trovato tutti quei ciottoli. Questo folle in Cristo dimostrò che non bisogna sottovalutare ciò che sembra insignifi­cante, ma dal quale non c'è forza al mondo in grado di liberarci. Dobbiamo riflettere su questo. Da una parte perché, se veramente non prestiamo attenzione ai peccati meno gravi, ci è impossibile liberarcene. E dall'altra perché, una volta radicata l'abitudi­ne di trascurare le colpe leggere, la negligenza diventa la nostra seconda natura e ci mettiamo a peccare sempre di più, cioè a sfigurare gradual­mente e ad annientare, a distruggere, a profana­re l'immagine di Dio in noi.

Dipende da noi fare un esame meditato, sen­sato, serio dello stato in cui versa la nostra vi­ta. Se noi esaminassimo la nostra condizione di peccato, la nostra lontananza da Dio, la distanza che esiste tra ciò che potremmo essere e ciò che siamo, la fredda indifferenza che abbiamo verso gli altri, se potessimo prendere coscienza di tut­to questo in una luce nuova, rimarremmo impie­triti a questa vista, e pieni di orrore, e potrem­mo allora udire l'appello del Signore: "Dimmi: se tu sei perdonato, se io ti dico ora che ti amo con tutta la mia vita e con tutta la mia mor­te, con la mia croce, la mia crocifissione e la mia resurrezione, potrai rispondermi con gioia e ri­conoscenza?". Gioia, perché se è vero che non posso né perdonarmi né guarirmi da solo, posso però essere perdonato e guarito dalla potenza di Dio. Riconoscenza, perché se è così che si pre­senta la realtà, allora in verità tutta la vita cri­stiana si riassume in una cosa sola: ogni pensie­ro, ogni moto del cuore, tutta la nostra volontà e le nostre tendenze naturali, tutte le nostre azio­ni portano a Dio la nostra riconoscenza per es­sere stati salvati, per essere tanto amati da lui... E se siamo tanto amati, allora tutta la nostra vi­ta deve divenire vivente, segno permanente di un'azione di grazie esultante verso Dio, perché egli esiste, perché egli è capace di amarci in tal modo.

A. Bloom, {link_prodotto:id=338}, Qiqajon, Bose 2002