Il pentimento: volgersi a Dio con speranza

Quando ci comportiamo male' e diciamo ciò che non va detto, quando pensieri oscuri mina­no la nostra mente o un velo nero si stende sul nostro cuore, se arriviamo a fare appena appena un po' di luce in noi, allora sentiamo i primi ri­morsi di coscienza. Ma il rimorso non è ancora pentimento; noi possiamo passare tutta la vita a rimproverarci la nostra cattiva condotta in azio­ni o in parole, i nostri pensieri e i nostri sen­timenti tenebrosi, e non per questo emendarci. Il rimorso può fare della nostra vita un vero e proprio inferno, ma non ci fa accedere al regno dei cieli; bisogna aggiungervi un altro elemento, che si trova al cuore del pentimento, e cioè il fatto di volgerci a Dio con la speranza, con la cer­tezza che Dio ha amore sufficiente per accordar­ci il perdono, e forza sufficiente per cambiarci. Il pentimento è quel tornante della vita, quella svolta nel modo di pensare, quella trasformazio­ne del cuore, che ci fa stare faccia a faccia con Dio pieni di una speranza tremante e gioiosa, nella certezza di chi è cosciente di non meritare la misericordia di Dio, e tuttavia sa che il Signo­re è venuto sulla terra non per giudicare ma per salvare, che è venuto sulla terra non per i giusti ma per i peccatori.

Volgersi a Dio con speranza, chiamarlo in no­stro aiuto, non è sufficiente, perché molte co­se nella nostra vita dipendono da noi. Quante volte ripetiamo: "Signore, aiutami! Signore, do­nami la pazienza, donami la castità, donami la purezza di cuore, donami una parola vera!". E quando si presenta l'occasione di compiere azio­ni conformi alla nostra preghiera noi seguiamo le inclinazioni del nostro cuore, così che ci man­cano il coraggio e la risolutezza per mettere in atto quello che abbiamo chiesto a Dio. In un ca­so simile il nostro pentimento e lo slancio del­la nostra anima restano sterili. Il pentimento de­ve essere determinato appunto da questa speran­za nell'amore di Dio, e da uno sforzo risoluto che ci costringa a condurre una vita retta e ad abbandonare gli errori del passato. Senza questo neanche Dio ci può salvare; infatti, come dice Cristo, non quelli che dicono: "Signore, Signo­re" entreranno nel regno dei cieli (cf. Matteo 7,21),
ma coloro che porteranno dei frutti. Questi frut­ti noi li conosciamo: sono la pace, la gioia, l'a­more, la pazienza, la mitezza, tutti frutti mera­vigliosi (cf. Lettera ai Galati 5,22) che potrebbero già fin da ora fare della nostra terra un paradiso se soltan­to, come alberi fertili, riuscissimo a portarli a maturazione...
Il pentimento ha inizio quando all'im­provviso la nostra anima riceve uno shock, la nostra coscienza ci parla, Dio c'interpella con queste parole: "Dove vai? Verso la morte? È proprio questo che vuoi?". E quando rispondia­mo: "No, Signore, perdona, abbi pietà, salva!", e ci volgiamo a lui, Cristo ci dice: "Io ti perdono e tu, come riconoscimento per tale amore, e pro­prio perché rispondendo al mio amore hai la ca­pacità di amare, comincia a cambiare vita".

A. Bloom, {link_prodotto:id=338}
Qiqajon, Bose 2002