Gioia chiama gioia
Warning: Invalid argument supplied for foreach() in /home/monast59/public_html/templates/yoo_moustache/styles/bose-home/layouts/article.php on line 44
11 dicembre 2022
Commento della terza orazione colletta d’Avvento
O Dio,
che vedi il tuo popolo
attendere con fede la festa del Natale del Signore,
concedici, ti preghiamo,
la forza per giungere alla gioia di una così grande salvezza
e di poterla celebrare sempre con alacre esultanza.
11 dicembre 2022
Commento della terza orazione colletta d’Avvento
O Dio,
che vedi il tuo popolo
attendere con fede la festa del Natale del Signore,
concedici, ti preghiamo,
la forza per giungere alla gioia di una così grande salvezza
e di poterla celebrare sempre con alacre esultanza.
La colletta sposta l’attenzione dalla venuta finale del Signore alla celebrazione della festa del Natale.
Alla gioia di Dio che gode nel vedere la comunità cristiana attendere con fede corrisponde il desiderio della comunità di giungere alla gioia di una salvezza che non ha confini. La celebrazione della memoria della venuta nella carne della Paola eterna è un assaggio della salvezza finale, il sedere al banchetto del Regno. Gioia chiama gioia: l’Avvento non è un tempo penitenziale.
La gioia però non si riduce a un moto solo interiore. Il testo infatti passa dalla gioia all’esultanza alacre, a una gioia debordante di allegrezza, a una letizia attiva, operosa e feconda. Ci sono corpi non più repressi che si dischiudono. È un paradosso: il tempo della liturgia, che sembra altamente formalizzato, colto nel dinamismo di vita che lo attraversa, è spazio di liberazione dei corpi e di accensione di energie creative. Perché?
La liturgia interrompe il quotidiano aprendolo nella fede a una visione più profonda, dilatata ed intensa. Nell'eucaristia, pane e vino da simbolo dei beni della terra, oggetto della lotta per il possesso e lo sfruttamento, divengono segno della comunione con il Dio di Gesù e fra di noi, della loro possibile condivisione che non esclude nessuno, del rispetto dell’ambiente. La notte del Natale ascolteremo un versetto, «Maria adagiò il figlio nella parte della casa dove stavano gli animali, perché per loro non c'era posto nell'alloggio delle persone» (Lc 2,7), annuncio della sorprendente fraternità fra la Parola di Dio e gli animali: il mistero del farsi carne da parte della Parola di Dio si dilata a misura delle creature tutte, oltre gli esseri umani. Uomini e donne che convengono in assemblea per celebrare si riconoscono fratelli e sorelle attraverso tutte le differenze possibili, contestando discriminazioni e disuguaglianze, come anticipo del Regno...
Corpi non più repressi divengono corpi non più depressi, esistenze che riprendono a desiderare e sperare. Si guarisce dalla miopia di futuro. È fonte di gioia infatti l’incontro con un evento che strappa da una condizione di apatia e di amarezza, spezza il blocco disperato del peccato, tronca una situazione di languore estenuante e ridesta a una vita più piena. Questo è il senso della memoria della nascita del Figlio. In Gesù vediamo l’amore di un Dio che non solo si installa nella nostra condizione umana quotidiana, ma mediante il mistero pasquale la accoglie in sé. Dio continua a volerci bene e il nostro fallire non lo ostacola.
È un’esultanza alacre, operosa e feconda: «Gioia è ciò che aumenta la nostra potenza di pensare e di fare, insieme alla nostra capacità di provare affetto: per questo la gioia genera nuove traiettorie comuni fra il nostro corpo e quello degli altri, inventando nuovi rapporti, creando legami sociali più vivi e intensi» (Isabella Guanzini).
fratel Davide