Paolo De Benedetti

Paolo De Benedetti ©La Stampa
Paolo De Benedetti ©La Stampa

ABCDell'Ecumene

Lo scorso 10 dicembre ricorreva il 1° anniversario della morte di Paolo De Benedetti, amico fraterno di fr. Enzo Bianchi e di Bose “da tempi immemorabili”.

Molti che lo hanno avuto per compagno di cammino, maestro di sapienza, amico di una vita lo hanno ricordato come il “teologo dei ponti” in un Convegno nella sua Asti natale, assieme alla sorella Maria.
Il comune amico Gianandrea Piccioli, come Paolo appassionato di forma e contenuto della pagina scritta e del pensiero onesto, ne ha evocato le intuizioni e capacità editoriali in un toccante ricordo su Le parole e le cose.
Il Monastero di Bose – che annovera Paolo De Benedetti anche come autore presso le proprie Edizioni Qiqajon – esprime la propria gratitudine al Signore con queste parole di una nostra sorella:

I due titoli che più, forse, rappresentano al vivo davanti ai nostri occhi Paolo De Benedetti sono quelli di maestro e di amico. È stato amico tenero, fedele, compassionevole e geniale per tantissime persone. E Maestro di Torah e di Vangelo per quelle stesse persone, e anche per moltissime altre per mezzo del suo indefesso lavoro di consulente editoriale, di professore universitario di Giudaismo e di scrittore di libri squisiti. Attento, comprensivo e del tutto disponibile sempre verso i piccoli secondo il Vangelo, sapeva con la sua arguzia e intelligenza meravigliosa mettere a disagio solo quelli che si credevano grandi e sapienti.

Fr. Enzo lo ha sempre citato come suo Maestro, e Maestro in Israele, e più volte fu qui a Bose per amicizia, e anche per insegnare: una volta tenne un meraviglioso incontro sul Salmo 119, il canto sulla Torah. I suoi primi libri fecero parte della nostra formazione biblica. È sempre stato, insieme alla sorella Maria, ricordato fedelmente nella nostra preghiera comune d’ intercessione. Gli siamo debitori pieni di gratitudine.

Diceva di sé, sempre con inquietudine dolente, di essere cristiano alla domenica, ed ebreo durante gli altri sei giorni. Questa sua inquietudine, motivata dall’anti-giudaismo dei cristiani, era il primo aiuto col quale soccorreva, scuotendola, la nostra mancanza di inquietudine. Questa inquietudine ha generato in lui la sua sollecitudine per tutti i cristiani, perché conoscessero e riconoscessero Israele e il suo esserci indispensabile alla fede cristiana, alla comprensione della Bibbia e del Vangelo. Questa sollecitudine fu la fatica e lo strazio più grande della sua vita. Imparando da Gesù in croce, e dalla sua parola “Non sanno quel che fanno”, sapeva che l’ignoranza di sé e dell’altro è alla base di ogni delitto. E si spese tutta la vita per invitare i cristiani a combattere questa ignoranza circa Israele e le sue Scritture sante.

Paolo ebbe infinite parole meravigliose per farci amare la Bibbia, e per farci amare Gesù e il suo Dio e Padre, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe e di ciascuno e ciascuna di noi. Ebbe parole di infinita comprensione per la fatica di credere, e ci insegnava a sostenerci come sosteneva se stesso: interrogando le Scritture e persino “litigando”col Signore Dio. Riporto qui una citazione di lui, già citata altrove da un suo discepolo, che dice la sua fede amorosa nel Dio d’Israele e di Gesù e in Gesù:”Sono giunto a questa convinzione. A Dio il creato non è riuscito molto bene, tranne il mondo animale: e così sono entrati la morte, la povertà, l’angoscia,la disperazione, i dubbi. Allora Dio, a un certo punto, di fronte alla sua richiesta agli uomini di credere, ha sentito il dovere di meritarsi la fede dell’uomo, facendo tutte le esperienze dell’uomo: morte, dubbi, angoscia...questo l’ha fatto in Gesù. Certo, Gesù è il salvatore degli uomini per i cristiani, ma è anche il salvatore di Dio Padre di fronte alla fede degli uomini.”

Paolo fu vero discepolo di Gesù, secondo il modello evangelico di Maria di Nazareth, la madre di Gesù, modello per discepoli e discepole. Come lei visse la beatitudine di accogliere e trattenere le parole di Dio nel suo cuore con la continua meditazione e interrogazione, ma anche, come lei fu trapassato da una spada di lacerazione: poiché il mistero di Israele generò nei cristiani l’anti-giudaismo. E qui sta anche l’eredità che possiamo accogliere da lui: diventare anche noi consapevoli di questa spada di dolore che non può non attraversare il cuore dei cristiani per guarirli, procedendo lungo la strada aperta dal Concilio Vaticano II.

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