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Olivier Clément

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Olivier Clément
Olivier Clément

ABCDell'Ecumene

Flaminia Morandi* per Finestra ecumenica

Laico, sposato con figli, insegnante di professione, Olivier Clément è stato un infaticabile costruttore di ponti: tra ortodossi e cattolici, tra le varie anime dell’ortodossia, tra ortodossi e protestanti, tra le religioni e non solo: ha contribuito a far tornare protagonista lo Spirito nella teologia occidentale. È uno scrittore di talento, affascinante, colto e pieno di passione contagiosa: poiché in presa diretta con la verità della sua vita spirituale, i suoi libri non passano di moda, continuano a essere letti e tradotti.

La sua nascita è già una chiamata: il 17 novembre 1921 nel sud della Francia, terra di guerre di religione, da una famiglia atea con ascendenze cattoliche e protestanti. Olivier è un bambino mistico, stupito dal mistero che percepisce nella natura, angosciato dalla morte di cui nessuno gli parla. Disperatamente ne cerca il senso nelle letture precoci. A vent’anni è già laureato. Nella Francia occupata, entra nella Resistenza con il suo maestro Alphonse Dupront, partecipa ad azioni di guerriglia, rischiando la pelle e continuando a interrogarsi sul significato della morte che ora vede da vicino. Una notte in Aquitania un libro gli cambia la vita, Esprit et liberté di Nikolaj Berdjaev: “Solo lo Spirito è rivoluzionario…Tutti i problemi sono in fondo religiosi…L’esperienza mistica esiste nel mistero del sesso e dell’amore, nella comunione con l’universo, nel segreto della nascita e della morte, in ogni atto creativo dell’uomo. Tutte le sorgenti della vita sono mistiche, e l’uomo è creato per la divino-umanità...”. È la prima risposta al suo cercare. Seguendo la “pista russa” scova la Théologie mystique de l’Église d’Orient di Vladimir Lossky. Prende coscienza che esiste una chiesa ortodossa di cui finora ignorava l’esistenza.

Nel 1947, a guerra finita, si trasferisce a Parigi e insegna al liceo Condorcet. Incontra non a caso persone in cerca come lui, Jacques Masui con la sua rivista Cahiers du Sud, Réné Guénon, Mircea Eliade, Frithjof Schuon che lo inizia alla Filocalia. La sua ricerca è ancora incerta tra l’India e il Vangelo.

A Parigi va in cerca di Berdjaev, scopre che è morto da poco. Attraversa un periodo di disperazione profonda, tentato dal suicidio. Il suo passato già intenso gli pesa. Si mette alla ricerca di Vladimir Lossky e trova la rete che lo salva dal suo caos interiore. Il primo gennaio 1952, a 30 anni, riceve il battesimo ortodosso. Gli sembra che tutto cominci: la luce è dentro.

Frequenta la comunità di Lossky. Dopo secoli di isolamento, gli ortodossi fuggiti dalla Russia sovietica si trovano di colpo immersi nella cultura occidentale cattolica. Si riuniscono in parrocchie vicine ai loro orientamenti, ma la gestazione della chiesa ortodossa in terra occidentale è laboriosa e difficile. Poco dopo il battesimo di Olivier, Lossky si stacca dalla sua parrocchia e Clément lo segue. Per quattro anni va a scuola dal suo maestro.

Nel 1953, altra svolta: l’incontro con Pavel Evdokimov, impegnato da tempo in campo ecumenico: insegna all’Istituto Ecumenico di Bossey e all’Istituto Saint-Serge di Parigi, dirige una casa di accoglienza di Cimade, un’organizzazione ecumenica fortemente segnata dal protestantesimo, che durante la guerra ha salvato migliaia di vite. Tra Pavel e Olivier nasce un’intesa profonda. Evdokimov coinvolge Clément negli incontri domenicali della Cimade a Sevrès e poi a Massy e un giorno gli chiede di sostituirlo a una conferenza nella comunità di Grandchamp in Svizzera. L’incontro di Olivier con sr. Minke de Vries, i pastori Jean-Jacques von Allmen e Jean-Philippe Ramseyer segna un’altra svolta nella sua vita, quella del congedo dal suo passato. La conferenza diventa un libro: Transfigurer le temps. Per lui, ateo raggiunto della fede e toccato dalla libertà dell’ortodossia, è arrivato il tempo dell’annuncio.

Con Evdokimov entra a far parte della comunità francofona della Cripta della cattedrale di Saint Alexandre Nevskij in rue Daru, frequentata da molti occidentali, fra cui Elizabeth Behr-Siegel, protestante e convertita all’ortodossia e padre Lev Gillet, benedettino di Clairvaux accolto nella comunione della chiesa ortodossa dall’apertura ecumenica di Euloge Georgievski, metropolita delle Chiese russe in Europa occidentale. Presto la comunità si stacca dalla chiesa di Mosca ed entra nella giurisdizione del patriarcato di Costantinopoli. Il vescovo Euloge spera così di proteggere l’ortodossia russa dell’emigrazione dalle pressioni del governo sovietico e, con la mediazione di Costantinopoli, di favorire la comunione con la chiesa ortodossa universale.

È l’ambiente ideale per Clément. Nel 1959 diventa segretario di Contacts, rivista nata per favorire il triplice incontro con gli altri cristiani, con le altre religioni e con i non credenti, irradiazione di una teologia viva radicata nella tradizione ma incarnata nella modernità. Lo stesso anno Clément è tra i fondatori della Fraternità Ortodossa: sono le associazioni dei laici che nei secoli hanno mantenuto viva la fede e, attraverso la Fraternità, l’amicizia spirituale dei membri della comunità della Cripta si può estendere a tutto il mondo ortodosso in Europa occidentale.

Clément insegna al liceo Saint Louis le Grand ma anche all’Institut Saint Serge. Scrive su Contacts. Nella Chiesa universale sono anni di rinnovamento. Comincia il Concilio Vaticano II e Clément segue con il realismo dello storico e lo sguardo dello spirituale l’apertura creata dal Concilio, l’invito agli osservatori non cattolici a partecipare, il viaggio di Paolo VI in Terra Santa, lo storico abbraccio con il patriarca Atenagora. Pubblica L’essor du christianisme orientale, Bizance et le christianisme, L’Eglise orthodoxe esaminando i cicli di vita della Chiesa e gli squilibri provocati dal grande scisma: l’eccesso di centralizzazione della Chiesa romana, priva del contrappeso della pneumatologia orientale, l’”attenuazione” dello Spirito Santo. Diventa presidente non solo della Fraternità ma del nuovo Comitato Ortodosso, creato per mettere in comunicazione tra loro le comunità delle diverse giurisdizioni. Alla metà degli anni 70, la Fraternità e il Comitato si fonderanno in un’unica organizzazione, la Fraternità Ortodossa in Europa occidentale. Attento alla comunicazione, fonda un Bollettino per la diffusione delle notizie: nel 1975 diventerà SOP, Service Orthodoxe de Presse, attivo ancora oggi.

Il 1968 è l’anno della rivoluzione degli studenti. Con il domenicano Marie-Joseph Le Guillou e il pastore Jean Bosc, Clément scrive Vangelo e Rivoluzione, al cuore della nostra crisi spirituale: crisi nata dagli errori dei cristiani nella storia, soprattutto il silenzio sullo Spirito, sulla libertà del Dio vivente. Il suo 68, lui lo vive a Istanbul, al Fanar: l’editore Fayard gli ha chiesto una lunga intervista con Atenagora. Olivier lo segue nelle sua vita quotidiana, senza taccuino e senza registratore, ascolta e assorbe. La sera in camera scrive quello che gli ricorda la sua formidabile memoria. Dialoghi con Atenagora ottiene uno straordinario e immortale successo. L’esperienza del contatto con il patriarca, uomo di Dio pacificato attraverso la lotta interiore, libera Olivier dalla paura e da ogni moralismo. Stavolta sono due i libri che segnano il passaggio a un’altra età della sua vita spirituale: Christ terre des vivants, la nostra risurrezione nel Risorto e L’altro sole, bibbia per i cercatori di senso, la storia della sua tormentata conversione. Nella vita conta solo quel rovesciamento spirituale che rende possibile l’avvenire.

7525cd1db26c3240925fd30a0fa9d052.jpgTous, preparons ensemble le concile, scrive su Contacts sostenendo il sogno di Atenagora di un Concilio panortodosso. Comincia a insegnare, e lo farà per 20 anni, al neonato ISEO, Istituto di Studi Ecumenici, opera comune di tre facoltà di Parigi, l’Institut Catholique, l’Institut Protestant de Théologie, l’Institut Saint Serge. Non dimentica gli atei e i non credenti, pensando ai quali pubblica Riflessioni sull’uomo. Dal 1976 è presidente dell’Associazione degli Scrittori credenti e firma a quattro mani un libro con Mohammed Talbi, Un rispetto dovuto: islam e cristianesimo. Dagli anni 60 è vicepresidente dell’Amicizia ebraico-cristiana, in perenne ricerca dei temi comuni: esicasmo ortodosso-hassid giudaico; lectio divina-lettura giudaica della Torah; la figura dello staretz-quella dello tzaddiq. Si prodiga per le varie associazioni in aiuto dei cristiani nella Russia sovietica e, prima che in Europa scoppi la febbre per l’autore di Arcipelago Gulag e Una giornata di Ivan Denisovitch, scrive L’esprit de Soljenitsine, una lettura teologica dell’opera dello scrittore russo. Un’umile ricerca fatta per l’editore Stock sui mistici cristiani delle origini è così bella che il direttore editoriale, ateo, decide di farne un libro: Sources. Les mystiques chrétiens des origines, rieditato da Qiqajon con il titolo Nuova Filocalia: Testi spirituali d’Oriente e Occidente. Clément ha trasformato un tema elitario per quel tempo in un libro accessibile a tutti, “montando” i testi dei Padri sul ciclo morte-risurrezione.

La fase ecumenica di Olivier è singolarmente feconda, numerosi articoli, molti sulla preghiera e sulla santità, e perlomeno un libro all’anno. Il volto interiore è ancora l’eco della sua esperienza con Atenagora e con lo Spirito Santo, questa persona paradossalmente anonima che affiora nel volto dei santi, dice, producendo metamorfosi spirituali e fisiche.

La sua gratitudine di peccatore perdonato si esprime in Le chant des larmes, sull’antico Canone penitenziale di sant’Andrea di Creta, letto durante la quaresima nella liturgia ortodossa. È il canto liturgico di una trasformazione: come quella messa in moto in lui dalla vicinanza di Atenagora.

Con gli anni 80 il suo impegno di “diacono esterno”, come definisce la sua missione di scrittore, si fa più intenso, a est e a ovest. Viaggia in Russia con la preoccupazione di ricostituire le radici cristiane, lavora a un Progetto educativo cristiano con Vladimir Porech. In Romania diventa amico di Dumitru Staniloae, in Libano incontra il metropolita Georges Khodr che lo invita a dare dei corsi all’Università di Balamand, diventa amico del patriarca Ignazio IV. Si innamora di alcune esperienze monastiche occidentali: Taizé, dove è amico di frère Roger e Max Thurian (e scrive Taizé, Un sens à la vie), la comunità monastica di Bethlem fondata da padre Delfieux, la comunità di Bose – dove si recherà più volte per partecipare ai convegni di spiritualità ortodossa – e il priore Enzo Bianchi che ha scoperto Olivier per primo, facendo tradurre in italiano i Dialoghi con Atenagora. Va in Grecia molte volte, amico di Panayotis Nellas e di Christos Yannaras, e bissa l’esperienza dei Dialoghi con il nuovo patriarca Bartolomeo: La vérité vous rendra libres. In Italia ha dei buoni amici: Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di sant’Egidio, con cui scriverà un libro-dialogo, Dio è simpatia: bussola spirituale per un tempo complicato, al Centro Aletti padre Tomáš Špidlík, Michelina Tenace, padre Marko Ivan Rupnik. Nel 1989 crolla il Muro di Berlino e l’impero sovietico si sgretola. Alla metà degli anni 90 Giovanni Paolo II pubblica l’enciclica Ut unum sint, un accorato appello all’unità dei cristiani. L’unico che risponde al papa è lui, Clément. La sua proposta è contenuta in Rome autrement, sottotitolo: Un orthodoxe en face à la papauté. Il libro ripercorre la storia dei sette concili della Chiesa indivisa, identificando le radici dell’equivoco che ha portato allo scisma, esaminando i fondamenti scritturistici del primato ed elencando le ragioni per cui continuare a sperare. Durante uno dei soggiorni romani in cui è ospite al Centro Aletti, papa Woytjla lo invita a un incontro privato: ha letto Rome autrement, è rimasto colpito e commosso dall’ultimo libro di Olivier, Corps de mort et de gloire, una summa poetica sul significato del corpo e della sessualità. Nell’incontro faccia a faccia, il papa e Clément parlano per tre quarti d’ora come due anziani amici. Al termine dell’incontro, qualcuno sente il papa dire: “È come lui che bisogna essere”. Nel 1998, sarà Olivier a scrivere il testo della tradizionale Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo.

Nel 1999 è a Roma per l’ultima volta, ma ora nei viaggi si fa accompagnare dalla moglie Monique. Ama Roma, gli amici e la mozzarella. Accetta conferenze, ma non parla mai a braccio, scrive a mano il testo di ogni intervento e lo legge, eppure riesce a emozionare come se improvvisasse.

Ormai è ammalato. “Per me la vecchiaia è arrivata senza che ci pensassi… l’età e la malattia ci tolgono il peso di molti rancori, di molti sogni, ci aiutano a perdonare come chiediamo nel Padre Nostro. Quanto a coloro che noi abbiamo offeso, ci rimane la penitenza e anche, ma non sempre, una sorta di riscatto…”, scrive dal suo letto, in una stanza librata sui tetti di Parigi. Il 15 gennaio 2009, giorno della sua morte, fino alla liturgia funebre, la sua casa si riempie di amici: la rete di amicizia tessuta durante la vita lo abbraccia fino all’ultimo.

Alla liturgia funebre celebrata nella chiesa dell’Institut Saint Serge la rete è ecumenica: alti rappresentati ortodossi, cattolici, protestanti, eppure nessuno è venuto per motivi diplomatici o politici, ma per affetto e gratitudine. Lo saluta per ultimo l’amico di sempre, padre Boris Bobrinskoy, decano del Saint Serge: “Non si nasce cristiani, si diventa e tu, Olivier, lo sei veramente diventato!”.

“È come lui che bisogna essere”, aveva detto Giovanni Paolo II. Come lui. Un battezzato diventato consapevole della potenza del proprio battesimo.


*Flaminia Morandi ha conseguito il dottorato in Missiologia alla Università Gregoriana di Roma con una tesi su Olivier Clément.  È stata autrice di programmi radiofonici e televisivi.

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