Verso un ethos sociale della chiesa Ortodossa

Copertina del volume: For the Life of the World (Holy Cross Pub.)
Copertina del volume: For the Life of the World (Holy Cross Pub.)

Un nuovo documento del Patriarcato ecumenico
di John Chryssavgis

Il 27 Marzo 2020 Il Patriarcato Ecumenico ha pubblicato in inglese un importante documento dedicato all’ethos sociale della Chiesa ortodossa “For the Life of the World: Toward a Social Ethos of the Orthodox”, che prosegue la linea già inaugurata dal documento “Sul ruolo della Chiesa ortodossa nel mondo contemporaneo” del Santo e Grande Concilio della Chiesa Ortodossa riunito a Creta nel 2016. Pubblichiamo di seguito un articolo di presentazione di tale documento scritto da p. John Chryssavgis, arcidiacono del Trono Ecumenico e presidente della commissione speciale per la redazione del documento.1


Nel gennaio 2020 il Patriarcato Ecumenico ha approvato un documento sociale prodotto da una commissione teologica che è stata incaricata di formulare dei paramentri generali e dei principi guida per il ruolo della Chiesa Ortodossa, come anche per la responsabilità dei cristiani ortodossi nel mondo moderno. Nella sua lettera di approvazione, il Patriarca Ecumenico Bartolomeo ha accolto con favore il risultato collettivo della commissione per aver affrontato “le complesse sfide e i problemi del mondo di oggi, senza trascurare al tempo stesso le potenzialità favorevoli e le prospettive positive della civiltà contemporanea”. Per la vita del mondo: verso un ethos sociale della Chiesa ortodossaè stato pubblicato online (nella pagina Facebook del Patriarcato Ecumenico e sul sito ufficiale dell’Arcidiocesi Greco-Ortodossa d’America) il 27 Marzo 2020, al cuore del periodo quaresimale, come stimolo per il pentimento e la riflessione. Nel Maggio 2020 è apparso anche in formato libro (Holy Cross Orthodox Press, 121 pagine).2

Per la vita del mondo”, delinea delle linee-guida generali in vista di una quanto mai necessaria etica sociale per i cristiani ortodossi che si sforzano di affrontare le sfide contemporanee. Il documento segue una struttura liturgica e adotta un tono pastorale, iniziando con i contorni fondamentali di una visione del mondo cristiana ortodossa e concludendo con un’anticipazione orante di trasformazione e una positiva aspirazione di speranza. Il suo approccio a questioni critiche e controverse – che includono il razzismo, la povertà, i diritti umani, la bioetica, la tecnologia e il cambiamento climatico – è allo stesso tempo rigoroso e pastorale. I contenuti specifici affrontano il ruolo della chiesa nella sfera pubblica, il corso della vita umana, la sfida della giustizia sociale, il dramma della guerra, l’importanza del dialogo ecumenico e il rapporto tra scienza e religione.

Frutto della riflessione di una dozzina di studiosi provenienti da tutto il mondo 3, il documento è in se stesso chiaramente il "risultato" di una collaborazione, come appunto lo descrive il Patriarca Ecumenico nella sua lettera di approvazione. I membri della commissione si sono deliberatamente e scrupolosamente trattenuti dall’includere nel documento posizioni personali, nel loro sforzo di articolare delle prospettive pastorali sui problemi incontrati dai cristiani ortodossi nelle comunità del Patriarcato ecumenico. Si tratta di un lavoro avviato dai leader e dai teologi, informati dai vescovi e dai fedeli, e destinato al clero e ai laici della chiesa.In effetti, come risultato tangibile di un’ampia consultazione gerarchica – c'è stato il contributo diretto da parte di decine di metropoliti e arcivescovi ortodossi di tutto il mondo e la revisione teologica da parte di noti gerarchi ortodossi – e dell’approvazione finale del Sinodo, il documento è il frutto virtualmente "pentecostale" e davvero senza precedenti di“un'impresa complicata, per non dire controversa”, come la descrivono gli editori stessi nella loro prefazione.

Il testo, che conta 33.000 parola, cerca di delineare un “ethos” ortodosso:

La Chiesa non può seguire veramente Cristo o renderlo presente al mondo, se non riesce a porre al centro della sua vita morale, religiosa e spirituale la assoluta preoccupazione per i poveri e gli svantaggiati. La ricerca della giustizia sociale e della clemenza – aiuto ai poveri e riparo per i senzatetto, protezione per i deboli, accoglienza per gli sfollati e assistenza ai disabili – non è semplicemente un ethos che la Chiesa raccomanda per avere la coscienza tranquilla, ma è un necessario mezzo di salvezza, il percorso indispensabile per l'unione con Dio in Cristo. Non riuscire in queste responsabilità porta alla condanna davanti al giudizio di Dio (Mt 25,41-45).(§33)

Nonostante la sua ampia prospettiva, il documento è altrettanto accorto e preciso su questioni controverse, come la distribuzione della ricchezza e la crisi dei rifugiati, o anche la scienza e il cambiamento climatico:

Tra i mali più comuni di tutte le società umane, - anche se spesso portati a un livello senza precedenti di raffinatezza e precisione nei paesi sviluppati moderni, - sono le gravi disuguaglianze di ricchezza, spesso prodotte o favorite da politiche regressive di tassazione e da una insufficiente regolamentazione di salari equi, che favoriscono gli interessi di coloro che sono a tal punto ricchi, da influenzare la legislazione e garantire la loro ricchezza davanti alle esigenze del bene comune. (§35)

Il mondo sviluppato conosce ovunque la presenza di rifugiati e richiedenti asilo, molti ammessi legalmente ma anche molti altri senza documentazione. Affrontano quotidianamente le coscienze delle nazioni più ricche con la loro pura vulnerabilità, indigenza e sofferenza. Questa è una crisi globale, ma anche un appello personale alla nostra fede, alla nostra natura morale più profonda, alle nostre responsabilità più inabrogabili. (§66)

E la Chiesa incoraggia i fedeli ad essere grati e ad accettare le scoperte delle scienze, anche quelle che potrebbero occasionalmente obbligarli a rivedere la loro comprensione della storia e nell’ambito della realtà cosmica. Il desiderio della conoscenza scientifica scaturisce dalla stessa sorgente del desiderio della fede, di entrare sempre più profondamente nel mistero di Dio.(§71)

Nulla di tutto ciò, tuttavia, è probabilmente possibile, senza un profondo esercizio di gratitudine. Senza una azione di grazie, non siamo veramente umani. Questo, infatti, è il fondamento stesso della autocomprensione eucaristica della Chiesa e della sua missione nel mondo. Quando l'umanità è in armonia con tutta la creazione, questa azione di grazie scaturisce senza sforzo e in modo naturale. Quando quell'armonia viene interrotta o sostituita dalla discordia, come spesso accade, l’azione di grazie diviene invece un obbligo da assolvere, a volte con difficoltà; ma solo questa azione di grazie può veramente guarire la divisione, che estranea l'umanità dal resto dell'ordine creato. (§ 74)

Questo documento innovativo ha un significato assai particolare se visto nel contesto storico dell'Ortodossia.Negli anni recenti la Chiesa Orientale è stata a allergica, per non dire addirittura avversa a dichiarazioni sociali di questo tipo. Questo è senza dubbio il risultato di una lotta con cui, in molta nazioni di tradizione ortodossa, in particolare dietro la cortina di ferro, si è cercato di comprendere il proprio ruolo nel mondo durante lunghi periodi di isolamento o di persecuzione.La chiesa si è sempre interessata al proprio spazio e al proprio ruolo nel mondo.Sia parlando del cielo in relazione alla terra, o del mondo in relazione al regno, ha finito coperto l'intero spettro delle posizioni, dall'identificazione con il mondo fino al suo estraniamento da esso.La normale tensione della chiesa, che, in base alle parole di Cristo prima della sua passione, è "nel mondo" ma non "del mondo", si è variamente fossilizzata nel ritiro in un passato irreprensibile o nella reazione contro un presente corrotto.

Ad un certo punto del lungo periodo bizantino, il cristianesimo orientale ha cessato di occuparsi delle questioni legate al presente e si è concentrata invece sulla reiterazione delle risposte del passato. La chiesa si considerava ben attrezzata per trattare di cose di natura ultraterrena o sacra, mentre lo stato era incaricato della gestione delle cose mondane o secolari. Questa comprensione di un ruolo chiaramente definito per la chiesa in relazione alla responsabilità dello stato, definita in maniera altrettanto chiara, ha inevitabilmente modellato e limitato l’approccio orientale alla giustizia sociale. Di fatto, il peccato di Bisanzio fu precisamente la sua arrogante convinzione che la chiesa istituzionale potesse identificarsi con la natura divina di Cristo.

Di conseguenza, le questioni concernenti la politica (in particolare per quanto riguarda il potere e la corruzione), o anche l’economia e la scienza (in particolare per quanto riguarda la povertà e la prosperità), sono state minimizzate e relegate alla responsabilità del cristianesimo occidentale. In effetti, l’Occidente eccelleva in questi ambiti. Al contrario, le questioni della maturità personale e dell’integrità spirituale sono diventate l’interesse principale e l’impegno “mistico” del cristianesimo orientale. Inoltre, questi temi sono stati considerati come proprietà esclusiva e prerogativa distintiva dell'Oriente, che divenne sempre più svincolato dall'interesse e dal coinvolgimento nelle questioni del mondo.La verità è che la chiesa ha non solo ignorato i propri principi sociali, ma ha anche in gran parte respinto le proprie priorità in tale ambito.

Tuttavia non è sempre stato così. La Chiesa antica e bizantina aveva una voce audace in materia di giustizia sociale. Anche solo una rapida lettura di scrittori del IV secolo come Gregorio “il Teologo” [di Nazianzo] e Giovanni Crisostomo rivela l’importanza della dimensione sociale del Vangelo sia nel loro pensiero che nel loro ministero. Certamente Basilio Magno disapprovava con forza qualunque forma di ritiro dei cristiani dal mondo. Qualsiasi escatologia che incoraggiasse l’evasione dal proprio tempo e luogo è stata denunciata come eretica e nociva. Con il passar del tempo, però, un’enfasi sul monachesimo (inteso come il silenzioso “ritiro nel cuore”) e sul misticismo (inteso come l’“incanto spirituale del celeste”) ha fornito una giustificazione per il disimpegno nel mondo all’interno dell’oriente ortodosso, con diverse conseguenze per l’ecclesiologia, la liturgia e l’etica. Anche la tradizionale “valvola di sicurezza” dell’etica cristiana ortodossa – ossia la relazione tra anziano (quasi esclusivamente maschio) e discepolo spirituale – è spesso un modo per eludere un impegno da parte di tutti nell’ambito dei principi etici, affidandosi al discernimento personale di un individuo. Nonostante l’opportunità che offre di trascendere i limiti del clericalismo istituzionale, in realtà il rapporto con un'autorità carismatica è un fenomeno che negli ultimi decenni tende sempre di più a soffocare la libertà e lo sviluppo individuale.

Più recentemente, la dottrina sociale dell’Ortodossia è stata ulteriormente ridotta a un’enfasi sul nazionalismo come mezzo di sopravvivenza in tempi di persecuzione e di oppressione. Durante tali periodi, la chiesa si è istintivamente identificata con i primi martiri e ha immancabilmente assimilato una critica negativa nei confronti dell'etica esteriore e della missione evangelica.Sebbene possa esserci un qualche aspetto positivo nel criticare un cristianesimo che cerca semplicemente di essere "utile" all’interno di un mondo con diverse promesse di sicurezza in competizione tra loro, l'alternativa non deve essere per forza un cristianesimo prevalentemente "inutile" in un'epoca di scelte direalizzazione pluralistiche.

A questo proposito, i teologi ortodossi dovrebbero ricordare che la mancanza di pensiero critico o sistematico non è sempre virtuosa o vantaggiosa.L'enfasi sul pensiero apofatico non significa una mancanza di risposta o di risoluzione.E l'escatologia non dovrebbe essere percepita né come imminentemente apocalittica (un comodo pretesto per l'indifferenza, l'inazione e l'irresponsabilità) né come ingenuamente ottimista (un modo superciale per eludere il peccato, il male e la lotta).Essere “nel mondo” ma non “del mondo” suggerisce un difficile, irrisolto e incessante confronto con il mondo.La tensione tra il “già” e il “non ancora” obbliga al confronto con le sfide sociali del nostro tempo e del nostro mondo.Allo stesso tempo, proprio l'incompletezza o l’imperfezione del nostro impegno nel mondo è ciò che forse dice la bellezza e la dignità della nostra lotta per rispondere al vangelo cristiano.

Tuttavia, un altro motivo per cui il cristianesimo ortodosso ha abbandonato o ha evitato di sviluppare una chiara visione sociale è la tendenza – spesso una tentazione – a denunciare o respingere tutto ciò che assomiglia al cristianesimo occidentale. Così, al di là di ogni dimensione apofatica e apocalittica, c'è l'aspetto puramente apologetico di un approccio alle sfide sociali nel cristianesimo orientale.

Tuttavia nel 2000, la Chiesa di Mosca ha pubblicato "I fondamenti della concezione sociale"4, un tentativo preliminare, per quanto ammirevole, di delineare i principi sociali della Chiesa Ortodossa in Russia dopo un lungo periodo di repressione da parte dello stato. Non c'è dubbio che il documento russo sia stato coraggioso nella sua iniziativa e nel suo intento;ma come ogni altro documento, compreso oggi quello del Patriarcato Ecumenico, è caratterizzato e plasmato dalle sfide contestuali del tempo.

In questo contesto, l’approccio generale del documento russo era critico per non dire cinico nei confronti del "mondo", considerato come una minaccia da sfidare e da sconfiggere. Una tale posizione difensiva può sopravvivere e addirittura prosperare in condizioni di isolamento confessionale, ma spesso viene meno e si dissolve in un contesto di esposizione ecumenica. Al contrario, il documento del Patriarcato Ecumenico

aspira a riflettere la visione del mondo e la missione del Patriarcato Ecumenico, come espresso nel corso dei secoli, fino ai giorni nostri. Anche se la struttura e lo stile di questo testo sono piuttosto formali, la commissione si è sforzata di evitare vuote astrazioni e di offrire proposte etiche concrete. Le intenzioni del documento sono inoltre puramente pastorali; la sua analisi del presente è destinata ad essere compassionevole, le sue critiche rigorosamente costruttive e le sue esortazioni scrupolosamente umili.

In molte società, infatti, prosegue la prefazione del documento,

la chiesa è tentata semplicemente di opporsi al mondo, spesso denunciando e disprezzando in assoluto tutte le sue forme e mode. Troppo spesso, coloro che pretendono di parlare a nome della tradizione Ortodossa, credono che la Chiesa possa preservare la sua integrità, solo allontanandosi ciecamente dal presente e volgendosi acriticamente verso il passato, cercando rifugio in una visione pietrificata e sentimentalizzata degli ordinamenti cristiani dei primi secoli. La santa tradizione tuttavia, è molto più di un deposito statico ereditato dal passato, che richiede null'altro che assidua conservazione e ripetizione mnemonica. Non si tratta semplicemente di un ricordo delle parole dei Padri di un tempo, ma è piuttosto la realtà viva e dinamica, a cui erano rivolte quelle parole, la presenza sempre costante dello Spirito Santo, che discese sugli Apostoli a Pentecoste, un pellegrinaggio costante e sempre nuovo verso il Regno che verrà. È questa tradizione vivente, che ispira la Chiesa a recuperare la sua sacra chiamata e che le dona il coraggio divino di trasfigurare il mondo con tutte le sue nuove sfide dall'interno "per offrire testimonianza non tanto da una prospettiva polemica, ma da quella di una missione 'incarnazionale', seguendo l'esempio della Parola incarnata, parlando al mondo contemporaneo 'dall'interno' – portando le sue croci e lottando per comprendere la sua angoscia."5

In questo senso, a partire dalla metà del XX secolo, è stata proprio l'apertura ad altre tradizioni e culture attraverso l'incontro con altre confessioni e religioni – per molti versi, la prima volta che gli ortodossi sono stati messi in stretto contatto e dialogo critico con il mondo moderno – chealmeno in parte ha ispirato e spinto le Chiese ortodosse diffuse a livello mondiale a intraprendere il lungo e arduo processo di convocazione del Santo e Grande Concilio. Riuniti insieme per la prima volta dopo quasi un millennio, patriarchi e gerarchi ortodossi – insieme a un piccolo numero di consultori del clero del laicato – hanno emesso un decreto formale e un messaggio in forma di enciclica Sul ruolo della Chiesa ortodossa nel mondo contemporaneo. In questo senso, il presente documento integra e completa il lavoro del Santo e Grande Concilio della Chiesa Ortodossa riunito a Creta nel giugno 2016 e può essere inteso come parte del processo della sua ricezione.

Se è vero che l'elaborazione di questo documento è stata storicamente senza paralleli come processo di trasparenza e senza precedenti in termini di collaborazione tra gerarchia ufficiale e teologia accademica, la disponibilità e l'apertura della chiesa nel coinvolgere e nell’informare i laici nelle questioni relative alla dottrina e alla politica è però ancora molto lontanadell'ideale e non è ancora riuscita a scalfire il nucleo duro del clericalismo.

Tuttavia, il fatto che il Patriarca Ecumenico Bartolomeo abbia commissionato, accordato la sua fiducia e la sua approvazione a questo documento sociale rappresenta un gradito e confortante cambio di mentalità e di priorità per una chiesa tradizionalmente associata con il passato e alienata dal presente. La Chiesa Ortodossa non dovrebbe più accontentarsi di una pura e semplice sopravvivenza.

Per la vita del mondo” dovrebbe dunque essere accolto come un passo in avanti per la riflessione sull'ethos sociale della Chiesa ortodossa e la considerazione del ruolo della Chiesa ortodossa nel mondo contemporaneo.Esso fornisce una tabella di marcia per conciliare le questioni contemporanee con la saggezza e la bellezza della tradizione spirituale ortodossa, avviando al contempo una discussione con parrocchie e comunità, scuole e seminari, con circoli ecumenici e con la società più ampia.


1 L’articolo è una versione rivista e riadattata dall’autore stesso per Finestra Ecumenica di un articolo comparso in inglese sulla rivista Commonweal (April, 2020) 19–19.

2 La traduzione completa del documento a cura dell’Arch. Athenagoras Fasiolo è disponibile presso il sito dell’Arcidiocesi Greca-Ortodossa di America.

3 I membri della “commissione speciale” incaricata alla redazione del documento :Dr. John Chryssavgis, Patriarcato Ecumenico (presidente); Dr. David Bentley Hart, Notre Dame Institute for Advanced Study; Dr. George Demacopoulos, Fordham University; Dr. Carrie Frederick Frost, St. Sophia Ukrainian Orthodox Seminary; Dr. Brandon Gallaher, University of Exeter; Dr. Perry Hamalis, North Central College; Dr. Nicolas Kazarian, Greek Orthodox Archdiocese of America; Dr. Aristotele Papanikolaou, Fordham University; Dr. James Skedros, Holy Cross School of Theology; Dr. Gayle Woloschak, Northwestern University; Dr. Konstantinos Delikostantis, Patriarcato Ecumenico; Dr. Theodoros Yiangou, Università di Thessaloniki.

4 Cf. http://spazioinwind.libero.it/sanmassimo_decaita/testi/Fondamenti/I%20Fondamenti%20INDICE.html

5 Cf. “Per la vita del mondo”, Prefazione. L’ultima citazione è da: Metropolita Ioannis Zizioulas di Pergamo, in Persona, Eucarestia e Regno dei Cieli: Prospettive Ortodosse ed Ecumeniche. Saggio in onore del Metropolita di Pergamo. Ed. P. Kalaitzidis e N. Asproulis, Volos. Edizioni Dimitras, 2016, 332 (in greco). [N, d. T.]

Tags: Attualità e vita delle chiese