Fedeli al futuro!

 

Si tratta di una fiducia ricevuta.
Se siamo ciò che siamo oggi, lo dobbiamo prima di tutto agli altri. Naturalmente, non si può dimenticare tutto il paziente lavoro che ci ha portato a questo sabato 11 maggio. Lo sforzo è stato multiplo; il compito, considerevole […].
Ma se siamo stati in grado di portare a buon fine questo lavoro, è perché noi siamo stati “lavorati”, più di quanto noi stessi abbiamo lavorato. È perché stiamo stati “agiti”, se così posso esprimermi, più di quanto noi stessi abbiamo agito.
La chiesa protestante unita è un frutto del movimento ecumenico. Nel 1910, la conferenza di Edimburgo invitò a mettere in primo piano la missione della chiesa e, al tempo stesso, a relativizzare le identità confessionali. Nel 1934, la Dichiarazione di Barmen ha unito luterani e riformati per affermare l’autorità suprema di Gesù Cristo solo, contro l’idolatria nazista; con la linfa della chiesa confessante, ha irrigato tutto il protestantesimo del dopoguerra soprattutto in Francia. Nel 1948, la fondazione del Consiglio ecumenico delle chiese ha posto la ricerca dell’unità visibile al cuore della vita delle chiese. Nel 1962, il concilio Vaticano II ha mostrato come la speranza ecumenica  poteva trovare eco all’interno la chiesa più importante e trasformarla, mentre molti la credevano immobile e immutabile. Nel 1973, la Concordia di Leuenberg ha proposto una modello di unità basato non più sull’uniformità e sulla diffidenza nei confronti delle originalità, ma al contrario sulla diversità riconciliata.

Attraverso questa storia, è lo Spirito del Dio vivente che è all’opera. Noi che eravamo lontani gli uni dagli altri e talvolta anche antagonisti, siamo stati resi prossimi. Abbiamo fatto l’esperienza di essere riconciliati dal Cristo, che è la nostra pace. In lui, Dio per primo ha fatto questa scelta della riconciliazione. L’ha fatta una volta per tutte, e tesse di nuovo ogni giorno la scelta della fiducia, la scelta della fede. La fede di Gesù Cristo è la fede che ci è donata.

Pertanto attestiamo che è bene fare fiducia all’altro. Rifiutiamo le posture identitarie, che derivano dalla paura e dall’illusione, la paura dell’altro e l’illusione che si potrebbe esistere senza di lui o contro di lui.

Questo è vero tra i cristiani ed è per questo che confessiamo che la nostra chiesa e ciascuna chiesa è uno dei volti – solo uno dei volti – dell’unica chiesa di Cristo. E ci rallegriamo della pluriappartenenza ecclesiale di alcuni cristiani, che manifestano così che l’evangelo supera i confini confessionali e le frontiere culturali.
Rifiutiamo anche le posture identitarie in campo sociale. Naturalmente si possono capire le radici di queste paure e di queste illusioni, radici a volte ben reali, e tanto spesso coltivate e strumentalizzate. Ma non possiamo rassegnarci né a lasciare che si espandano, né semplicemente a dispiacerci dei loro effetti nefasti. Abbiamo bisogno gli uni degli altri. La nostra società, rosa dalla sfiducia, ha bisogno di questa ospitalità fondamentale. È da ingenui affermarlo? Al contrario, è profondamente realistico. Nessuno di noi sarebbe qui se lui stesso non fosse stato accolto, al momento della sua nascita e più volte nella sua vita. Quindi se siamo chiamati a vivere un’ospitalità fiduciosa, specialmente verso gli umiliati, verso coloro che vengono designati così facilmente e alla leggera come dipendenti, incapaci, fragili, assistiti, perdenti di qualsiasi tipo, non è per dovere; è per lucidità e per gratitudine.

La fiducia è sempre, prima, ricevuta. Essendo ricevuta, può dar vita alla gratitudine e quindi alla fiducia condivisa. Celebrare la nascita della chiesa protestante unita significa attestare questa fiducia ricevuta. Ricevuta da Dio e manifestata in Gesù Cristo.

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