XVIII domenica del tempo Ordinario
di ENZO BIANCHI
Se il nostro tesoro è la comunione con il Signore Gesù, se la nostra vita è fondata su di lui, allora saremo capaci di condivisione fraterna
Anno C
Lc 12,13-21
4 agosto 2013
Dalla folla che attornia Gesù si leva una richiesta: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità»; egli però risponde: «Chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?» (cf. Es 2,14). Gesù rifiuta di intervenire nello specifico della contesa, ma rinvia alle autorità che la società civile ha predisposto per risolvere controversie come questa. Egli non si attribuisce compiti estranei alla missione ricevuta dal Padre: «il mio Regno non è di questo mondo» (Gv 18,36), dirà a Pilato…
La singolarità di Gesù consiste nello sguardo «altro» che egli sa gettare sugli eventi quotidiani, nella sua lettura dei sentimenti e dei pensieri profondi che muovono l’agire dell’uomo. Qui svela un rischio presente nel nostro rapporto con i beni: la cupidigia, l’avarizia. Rivolto a quanti lo ascoltano dice: «Guardatevi da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell’abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni». È una parola che, nella sua disarmante semplicità e verità, ci mette tutti in questione. In cosa facciamo consistere la nostra vita? Su cosa la fondiamo? Spesso siamo tentati di farla dipendere dall’accumulo di ricchezze, come se queste potessero colmare la nostra sete di senso e di amore. E così ammassiamo beni per noi, senza tenere conto degli altri; anzi, finiamo per privarli di ciò che spetterebbe loro per avere di che vivere, come fa il ricco della parabola verso il povero Lazzaro (cf. Lc 16,19-31). In più, questo comportamento oggi è pure lodato dalla società, che considera tale accumulo non un vizio ma una pubblica virtù…
Gesù conosceva bene il cuore umano, luogo in cui nasce questa brama insaziabile di accumulare ricchezze (cf. Mc 7,22). Sì, il cuore può conoscere la malattia del ripiegamento sull’avere, che impedisce la capacità di donare e di ricevere; chi è preda di questa «fissazione» giunge fino a e identificarsi con ciò che possiede… Gesù sapeva che «l’avarizia è la radice di tutti i mali» (1Tm 6,10), che «è idolatria» (Col 3,5), poiché implica un’adesione fiduciosa ai beni piuttosto che a Dio; in altre parole, questa smania di possesso ci allontana dal Regno di Dio, impedisce a Dio di regnare sulle nostre vite. Ecco perché Gesù ha detto: «Nessun servo può servire a due padroni … Non potete servire a Dio e alla ricchezza» (Lc 16,13); e di fronte al rifiuto della sua chiamata da parte di un uomo che possedeva molti beni, ha commentato: «Com’è difficile per coloro che possiedono ricchezze entrare nel Regno di Dio» (Lc 18,24)…
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