XVIII domenica del tempo Ordinario

Dalla pagina evangelica odierna emerge per noi con chiarezza una semplice domanda: sappiamo ascoltare in profondità Gesù e, soprattutto, lasciare che sia lui a orientare la nostra ricerca?
di ENZO BIANCHI
Anno B
Gv 6,24-35
«Quando la folla vide che Gesù non era più là, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafarnao alla ricerca di Gesù». Il giorno prima, di fronte al segno della moltiplicazione dei pani compiuto da Gesù, la gente voleva acclamarlo re; Gesù allora si era ritirato sulla montagna (cf. Gv 6,15), perché solo con questo suo sottrarsi ad attese mondane poteva insegnare che egli è un Messia «altro», che il suo regno non è di questo mondo (cf. Gv 18,36).
La folla però persiste in questa sua ricerca ostinata di Gesù e, trovatolo aldilà del mare di Galilea, gli chiede: «Rabbi, quando sei venuto qui?». Ma il vero problema non è sapere quando Gesù sia giunto in questo luogo, bensì interrogarsi sulle motivazioni profonde per cui lo si cerca. Ed è lo stesso Gesù a mettere a nudo questa differenza cruciale, ri-orientando la «fame» della gente: «in verità vi dico, voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati». Egli vuole spostare l’attenzione di queste persone, chiedendo loro di mutare il loro bisogno di cibo in desiderio di un altro cibo, quello che viene da Dio: «Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell’uomo vi darà». Come sempre nel quarto vangelo, occorre passare dalla visione del segno alla contemplazione nella fede di chi lo ha compiuto, Gesù, l’Inviato di Dio, «colui sul quale Dio ha posto il suo sigillo».
Udite queste parole, la folla entra in dialogo con Gesù, ma con un atteggiamento di fondo sviante, come se la salvezza fosse qualcosa che l’uomo deve conquistare facendo opere meritorie: «Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?». Gesù allora ribadisce nuovamente che all’uomo è chiesto solo di saper accogliere un dono, di rispondere con la fede al dono per eccellenza fatto al mondo dal Padre, quello del Figlio amato: «Questa è l’opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato». L’evangelista del resto lo aveva già detto, commentando l’incontro tra Gesù e Nicodemo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16)…
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