IV domenica del tempo Ordinario
commento al Vangelo
di ENZO BIANCHI
I profeti inviati da Dio sono più ascoltati da quelli di fuori che dai propri fratelli, sono accolti più facilmente dai non credenti che dai credenti, trovano maggior accoglienza presso i peccatori manifesti Anno C
Lc 4,21-30
3 febbraio 2013
Siamo ancora nella sinagoga di Nazaret, dove Gesù durante la liturgia del sabato ha letto la profezia di Isaia sul profeta–servo di Dio inviato a portare la buona notizia ai poveri, a proclamare la liberazione a tutti gli oppressi, a predicare l’anno della misericordia del Signore (cf. Is 61,1-2). Gesù ha appena commentato queste parole, dicendo agli abitanti di Nazaret là presenti che esse si sono realizzate in lui.
Ed ecco che questa breve «omelia» desta stupore tra quelli che la ascoltano, i quali sentono le sue parole come intriganti, piene di grazia e autorevoli. Ricordando la giovinezza trascorsa da Gesù a Nazaret con la sua famiglia, essi allora si chiedono: «Non è costui il figlio di Giuseppe, il figlio del falegname?». Ma questa ammirazione per le sue parole non corrisponde in realtà a un vero ascolto di Gesù e alla fede in lui. E così Gesù fin da questo suo primo atto pubblico si rivela quale «segno che viene contraddetto e che svela i pensieri profondi di molti cuori» (Lc 2,34-35), come aveva profetizzato il vecchio Simeone su di lui quando, quaranta giorni dopo la nascita, egli era stato presentato al tempio.