IV domenica di Pasqua
commento al Vangelo
di ENZO BIANCHI
Ogni relazione autentica si nutre innanzitutto di presenza, poi di ascolto, comunicazione, amore, cura e dedizione, fino al dono della vita
Anno C
Gv 10,27-30
21 aprile 2013
Stiamo vivendo il tempo pasquale con una speciale contemplazione di Gesù risorto da morte: egli è l’Agnello che sulla croce è stato sgozzato (cf. Ap 5,6.9.12; 13,8), ma con la resurrezione è diventato il Pastore, e come tale guida ancora la sua comunità, nutre le sue pecore attraverso nuovi pastori da lui voluti e donati al suo gregge. Sì, Gesù è il Signore vivente che, come «Pastore dei pastori» (1Pt 5,4) sta tra il Padre, di cui è Figlio, e i credenti in lui, il suo «piccolo gregge» (Lc 12,32).
Gesù rivela questo nel tempio di Gerusalemme, nei giorni in cui si celebra la festa di Hanukkah o della Dedicazione, quella in cui gli ebrei ricordano la ri-santificazione del tempio che era stato profanato da Antioco IV Epifane. Nel tempio Gesù aveva già fatto un gesto significativo: l’aveva purificato, scacciando da esso i venditori e gli animali destinati al sacrificio (cf. Gv 2,13-22). Allora era sorta la domanda: «Con quale autorità fai queste cose?». Ora, analogamente, i capi dei Giudei gli chiedono: «Fino a quando terrai il nostro animo in sospeso? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente» (Gv 10,24). Ma Gesù risponde loro mettendo in evidenza la difficoltà a svelare la sua identità a quanti non credono in lui, a quanti non vogliono vedere le sue azioni come azioni di Dio: insomma, a quelli che non sono sue pecore (cf. Gv 10,25-26)…