Memoria dei morti
Commento all'Evangelo
di ENZO BIANCHI
Ma cosa significa credere in Gesù Cristo, aderire a lui? Ovvero: come vivere in modo autentico questa fede? Si tratta di «credere all’amore», cioè di vivere quell’amore che Gesù ha vissuto
Gv 6,37-40
2 novembre 2013
Dopo aver contemplato nella festa della comunione dei santi la Gerusalemme celeste, la sposa dell’Agnello tutta bella perché resa santa dal Signore (cf. Ap 21,2), oggi siamo invitati dalla chiesa a fare memoria dei morti. Festa di tutti i santi e memoria dei morti sono un’unica grande festa in cui si celebra il mistero della vita eterna in Dio e il mistero della morte nella fede: Gesù Cristo, «il primo nato tra coloro che sono morti» (Col 1,18), risuscitato dal Padre in risposta al suo modo di vivere l’amore fino all’estremo, trascina i morti nel fiume di vita della comunione dei santi.
Nel brano del Vangelo secondo Giovanni proposto dalla liturgia, la resurrezione è la promessa che Gesù fa agli uomini, a coloro che Dio gli ha dato: in questo modo egli ci aiuta a vincere la paura della morte e del giudizio, quell’evento in cui ciascuno di noi starà davanti a Dio per rendere conto delle proprie azioni (cf. Ap 20,12). «Colui che viene a me, non lo respingerò, non lo perderò», dice Gesù. Il cristiano è colui che va al Figlio ogni giorno, anche se questo suo movimento è contraddetto da tante cadute; il cristiano si allontana e ritorna, si ribella e si converte, si rialza dal peccato e lotta per riprendere la sequela del suo Signore. Ebbene, il Signore «non lo respinge, ma lo resuscita nell’ultimo giorno»; abbracciandolo nel suo amore, gli dona la remissione dei peccati e lo conduce definitivamente alla vita eterna, e agisce così perché ha assunto in profondità la volontà di Dio: «Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque crede nel Figlio abbia la vita eterna, e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».
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