Natale del Signore
È anche significativo che in questi giorni in cui le notti sono le più lunghe dell’anno, all’interno della nostra cultura, che è pur sempre una cultura ispirata dal cristianesimo e dai suoi misteri, noi accendiamo molte luci, molte stelle luminose, vogliamo addirittura che le piante siano luminose, che le nostre città siano ornate da luci. Anche questo è molto bello e non dobbiamo ripudiarlo come se fosse semplicemente qualcosa che riguarda gli andamenti delle mode e dei consumi. Perché anche questo dice che noi abbiamo bisogno di luce, che la luce è per noi vita, che la luce ci è necessaria per poter camminare in una direzione. Che cosa è la luce, se non ciò che può toglierci dal nostro disorientamento? Perché la luce è sempre oriente, è sempre «Oriens ex alto» (Lc 1,78) che ci precede: la luce che cantiamo ogni mattino nel Benedictus, la luce che cantiamo in questo tempo di Natale, ma soprattutto in questa notte.
Per questo la Scrittura ci parla di una grande luce che è sorta per le regioni che erano state colpite dall’oppressione babilonese: è a quelle terre di Zabulon e di Neftali che il Signore promette che sorgerà una grande luce (cf. Is 8,23-9,1). Per questo il Vangelo ci parla di luce sulla grotta di Betlemme, quella luce che ha avvolto i pastori – ci dice Luca – nel momento stesso in cui accoglievano l’annuncio dell’angelo (cf. Lc 2,9). C’è stata una luce su quella grotta anche quando giunsero i magi da terre lontane (cf. Mt 2,2.9-10). Ma quella luce che hanno visto i pastori, quella luce che hanno visto i magi, a che cosa serviva, a che cosa faceva segno? In realtà portava i pastori e portava i magi soltanto a contemplare un evento umano: una donna che partorisce un figlio, una donna anonima che nessuno conosceva, giunta per caso a Betlemme, talmente non riconosciuta da non aver nemmeno trovato un posto per partorire nel caravanserraglio; un bambino che doveva ancora ricevere un nome, un infante. Tanta luce per vedere un bambino appena nato, per contemplare un fatto che avveniva da secoli e che avverrà finché c’è l’umanità: una madre che genera un figlio. Questo è ciò che hanno visto i pastori, ciò che hanno visto i magi, ciò che possiamo vedere noi, andando alla grotta di Betlemme.