Giovedì santo
Omelia di ENZO BIANCHI
Ecco cosa fa l’Amore, cosa fa Dio verso di noi: un Dio inginocchiato ai nostri piedi che lava i nostri piedi sporchi. È una liturgia della quale noi possiamo fare profezia, ma che avverrà realmente quando nella nostra morte staremo davanti a Dio: Dio, l’Amore che abbiamo tanto cercato e che abbiamo tentato di vivere, ci laverà i piedi…
Cari fratelli e sorelle, amici e ospiti,
siamo all’inizio del triduo, dei tre giorni pasquali, giorni in cui celebreremo tanti misteri: i misteri della vita di Gesù Cristo, la sua passione, morte e resurrezione. Ricordiamo degli eventi, delle azioni vissute da Gesù, e nel ricordarle le celebriamo e le «presentifichiamo» in modo da essere coinvolti in esse, in modo da essere resi partecipi del mistero. Questa è la dinamica liturgica, sacramentale che fonda le nostre liturgie pasquali.
Eccoci allora, in questa sera, tutti insieme, perché sta scritto:
Tutta la comunità d’Israele celebrerà la Pasqua (Es 12,47).Tutta l’assemblea della comunità d’Israele immolerà l’agnello al tramonto (Es 12,6).
Celebriamo il mistero che ci costituisce comunità del Signore, appartenente a lui, il mistero che origina la nostra comunione: per questo siamo tutti insieme, radunati nello stesso luogo, «convenientes in unum» (cf. 1Cor 11,20).
In obbedienza al ritmo che nel giovedì santo mi porta a commentare alternativamente l’epistola (1Cor 11,23-32) e il vangelo (Gv 13,1-15), quest’anno sosterò soprattutto sul racconto della lavanda dei piedi, l’altro mistero di Cristo che celebriamo oltre a quello eucaristico. Questo però nella consapevolezza che i due segni, le due azioni di Gesù sono state anticipazione di un solo evento: il dono della sua vita al Padre e a noi uomini, la sua morte. Questa volta vorrei compiere la lettura del vangelo cercando il vero protagonista della lavanda dei piedi, azione che ci scandalizza e, nello stesso tempo, dovrebbe consolarci.
Per Gesù «è venuta l’ora di passare da questo mondo al Padre» (Gv 13,1), e Gesù «sa che il Padre gli ha dato tutto nelle mani, che egli è venuto da Dio e a Dio ritorna» (Gv 13,3). Il quarto vangelo inizia il racconto della passione di Gesù ponendo il Padre come il termine senza il quale tutto ciò che Gesù e, fa e dice non ha consistenza: il Padre, questo termine che siamo costretti a usare perché non abbiamo un’altra parola che, per analogia, sia capace di esprimere l’origine, colui che origina e genera… Ma questa sera vorrei chiamare il Padre con un altro termine analogico: l’Amante, colui che ama, colui dal quale scaturisce l’Amore. Non lo invento, ma lo deduco dalle parole di Gesù: «Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa» (Gv 3,35).