Mercoledì delle Ceneri
Omelia di ENZO BIANCHI
Tutti noi conosciamo bene la lotta spirituale che ci viene richiesta affinché noi diventiamo conformi alla volontà del Signore. Gesù però denuncia una deriva di questo sforzo e di questa lotta
Bose, 13 febbraio 2013
Mercoledì delle Ceneri
Omelia di ENZO BIANCHI
Matteo 6,1-6.16-18
Ascolta l'omelia:
“State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro”. La sequela che il Signore ci chiede dietro a lui comporta non solo una metánoia, un cambiamento di pensieri, ma richiede anche un cambiamento di vita, dunque un mutamento di atteggiamenti, comportamenti, azioni, un mutamento di qualcosa che è visibile, che gli altri possono vedere. E c’è una giustizia, che è di Dio, che se viene da noi realizzata, a tal punto da essere segno della giustizia di Dio, allora noi possiamo vedere le nostre vite conformate alla volontà del Signore.
Ma questo, essendo un’operazione che ci contraddice fortemente, diventa faticoso, ci richiede impegno, responsabilità, soprattutto ci richiede rinuncia, apotaghé: rinuncia a ciò che noi desideriamo, a ciò che pulsa dentro di noi, a ciò che ci abita ed è desiderio, è pulsione, è passione. Tutti noi conosciamo bene la lotta spirituale che ci viene richiesta, questa lotta mai compiuta, affinché noi diventiamo conformi alla volontà del Signore, la volontà che poi è suo Figlio Gesù Cristo. Gesù però denuncia una deriva di questo sforzo e di questa lotta. Pone su questa lotta lo sguardo e ci fa una domanda: chi noi pensiamo debba guardare questa nostra lotta? La vede il Padre che è nel nostro segreto, nel nostro intimo, possono vederla certamente anche gli altri che stanno accanto a noi: ma noi cosa desideriamo in profondità? Che la veda Dio? Che la vedano gli altri? O anche, semplicemente, che la vediamo e la misuriamo noi stessi? Noi abbiamo la consapevolezza di essere visti, vivendo in mezzo agli altri sappiamo che desideriamo avere rapporti, comunicazioni, ricevere affetto; la tentazione allora è predisporre tutto perché lo sguardo degli altri ci legga come vogliamo e come desideriamo. Desideriamo che gli altri abbiano su di noi uno sguardo positivo; speriamo che gli altri abbiano uno sguardo che ci metta al centro, uno sguardo in cui noi siamo accresciuti di autorevolezza, di interesse; uno sguardo dunque che apra al riconoscimento, alla lode, al dar peso alla nostra persona, quella persona che forzatamente deve esprimersi in parole, comportamenti, azioni visibili.