Giovedì santo
Se questa è la tradizione lasciata dall’Apostolo ai Corinzi, la comunità però sembra non comprenderla più. E noi ci chiediamo: i Corinzi non comprendevano più l’eucaristia a quale livello? Non comprendevano cosa l’eucaristia narrava di Cristo? I Corinzi non erano forse più di grado di mantenere l’ortodossia, o in verità non comprendevano più nelle sue esigenze e nelle sue conseguenze il pasto eucaristico? Non comprendevano più la verità totale, integrale che chiede ai discepoli non solo un pensiero, una teologia dell’eucaristia, una sua comprensione intellettuale, ma anche una concreta prassi che coinvolga tutto l’essere del cristiano, la realtà del suo corpo, perché è il corpo che è il cammino di Cristo? La comunità di Corinto non sa trarre le conseguenze dalla celebrazione eucaristica, e questa omissione diventa misconoscimento del dono grande dell’eucaristia. Paolo dice: “Ognuno infatti consuma la propria cena (tò ídion deîpnon)” (1Cor 11,21), sicché la cena non è più koinón deîpnon, non è più cena comune, di comunione. Come è possibile? Se uno solo è il pane, se uno solo è il corpo del Signore – ripete Paolo (cf. 1Cor 10,16-17) – come è possibile che ci siano nella comunità della comunioni private, individuali con il Signore? È forse possibile essere in comunione con il Signore senza essere in comunione con quelli con cui si vive? È possibile, perché si può andare alla cena e si può mangiare il pane, si può andare alla cena e bere al calice, ma in modo indegno, anaxíos (1Cor 11,27), indegno, e così si diventa colpevoli e degni di condanna.
Ma che cos’è questa indegnità? Siamo indegni dell’eucaristia forse perché abbiamo dei peccati? Forse perché siamo responsabili di colpe in cui cadiamo ogni giorno e in cui continuiamo a ricadere? “Cadiamo e ci rialziamo, cadiamo e ci rialziamo”, come dice quel detto tradizionale attribuito ai padri del deserto. No, perché l’eucaristia è un sacramento per i malati, è una tavola offerta per i peccatori, non è qualcosa che è per i giusti; eventualmente sono gli uomini di chiesa che trasformano l’eucaristia in un banchetto per i giusti, ma Gesù l’ha voluta per i peccatori. Quando andiamo all’eucaristia, siamo come dei mendicanti. Per questo quando andiamo all’eucaristia, anche con il nostro corpo, prima di ricevere il pane e il vino ci inchiniamo, inchiniamo il nostro corpo e poi apriamo la mano. È il gesto del mendicante: il mendicante che vi chiede l’elemosina vi fa un inchino e stende la mano, e noi facciamo lo stesso con il Signore. E non a caso la sapienza della liturgia latina ci fa dire: “Signore, io non sono degno che tu faccia di me la tua dimora, non sono degno di accoglierti nella mia casa che è il mio corpo, che è tutto il mio essere, ma confido in una sola parola, nella parola del Signore, e allora sarò fatto degno”. Dunque – vedete – questa indegnità non è l’indegnità dei nostri peccati.