Niente ori nella natività dei credenti
D'altronde il presepio che troviamo qua e là nelle piazze o nelle chiese, o quello che noi stessi costruiamo nelle nostre case, che cosa ci narra? La nascita di un bambino da una coppia povera, una famiglia in viaggio, per la quale non c'era posto neanche nel caravanserraglio. Eppure verso quella grotta, verso quel neonato arrivano tanti poveri: pastori, donne di casa, abitanti dei villaggi, e arrivano con doni per il bambino povero, in fasce, che ha per culla una mangiatoia di stalla. È dunque il presepio che ci invita a fare altrettanto.
Se ci piace vederlo, contemplarlo, se lo costruiamo per essere in festa, allora si tratta di rifare lo stesso movimento: andare verso chi ha bisogno e gratuitamente donare a chi non può contraccambiaci. E poi per i cristiani il presepio diventa profezia. Quel bambino nella mangiatoia, infatti, ha anche detto, quale Messia e Giudice: "Tutto ciò che avete fatto a uno di questi poveri che sono miei e vostri fratelli, l'avete fatto a me".
Ma sappiamo discernere il povero nei poveri concreti, che sono accanto a noi? A Natale cantiamo Gesù povero, nutriamo sentimenti ideali verso "il povero bambino al freddo e al gelo", ma poi riconosciamo chi è nel bisogno e abita magari nel nostro stesso palazzo, sullo stesso pianerottolo o nelle case vicine? Noi siamo facilmente attratti dalla "carità presbite", quella carità che ama chi sta lontano e lo fa stare lontano, ma non amiamo il povero accanto a noi, in casa nostra, in vera relazione con noi.
Per questo la crisi economica, che prima di tutto è sociale, culturale e soprattutto etica, dovrebbe essere un'occasione per vivere in modo diverso, in modo semplicemente più umano e umanizzante, la nostra vita sociale. Natale, con la sua tradizione, il suo messaggio, può interpellarci e aiutarci a compiere passi concreti, in modo da conoscere una convivenza migliore e cominciare così ad avere fiducia gli uni negli altri, a sperare insieme per tutti. Quando ero ancora un bambino, nell'immediato dopoguerra (ed era un tempo di crisi, anzi di miseria!), il giorno di Natale a tavola si riservavano un piatto e una sedia nel caso si presentasse un povero per festeggiare. Era il segno che si era pronti a condividere quel poco che c'era: avere a tavola qualcuno arrivato come una sorpresa accresceva la festa...
Chissà se qualcuno la notte di Natale sentirà una predica come questa fatta da san Girolamo: "Noi oggi, con la scusa di onorare il Cristo, abbiamo eliminato la sporcizia delle stalle per sostituirla con oro e argento, ma per me è molto più prezioso quello che abbiamo tolto. Oro e argento si addicono ai potenti, ai ricchi, ma a chi crede in Cristo si addice di più quella stalla di terra battuta. Chi è nato nella stalla non vuole né oro né argento!".
articolo in versione integrale
La Stampa, 22 dicembre 2013
di ENZO BIANCHI
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