Noi due, insieme fra i diseredati

Con l’Abbé Pierre scompare un uomo, un cristiano, un prete che per più di sessant’anni è stato una sorta di coscienza collettiva non solo della Francia
Ha tenuto occupato un letto d’ospedale per poco più di una settimana, poi l’ha lasciato libero per qualcuno che ne aveva più bisogno di lui, e se n’è andato nella pace serena dei suoi 94 anni, passati a far posto e a trovare posto per gli altri. Del resto, la sua malattia risaliva agli anni della giovinezza ed era inguaribile: “non sono guarito e non guarirò mai da tutto il bagaglio di sofferenze che opprimono l’umanità”, aveva ripetuto solo pochi mesi fa. Con l’Abbé Pierre scompare un uomo, un cristiano, un prete che per più di sessant’anni è stato una sorta di coscienza collettiva non solo della Francia, ma di intere generazioni di uomini e di donne di ogni appartenenza sociale e religiosa.
Una figura schiettamente evangelica che ebbi modo di conoscere tra gli straccivendoli di Rouen nel 1965, nei miei fieri vent’anni di cattolico tutto d’un pezzo, e che mi dischiuse con dolce fermezza, nei due mesi che vissi con lui, la strada della compassione e della misericordia. Eravamo una quindicina in tutto: con l’Abbé Pierre, in povere baracche ai bordi del fiume, c’erano alcolizzati, ex-legionari, ex-carcerati... l’uno accanto all’altro senza distinzioni, tutti impegnati solo a vivere insieme “umanamente”, come ci raccomandava, rispettandoci e aiutandoci a vicenda. Impressionava la sua capacità di stare “in mezzo e insieme”, nel raccogliere stracci, nello svuotare solai e cantine, nel preparare il cibo comune e, poi, il suo ritirarsi in disparte, solo, a volte seduto su un mucchio di stracci o di rottami, a pregare guardando oltre l’orizzonte per scorgere l’invisibile. Alla sua scuola, fatta di poche ma essenziali parole e di un agire instancabile e altrettanto essenziale, ho imparato che il radicalismo evangelico e tutt’altra cosa dall’intransigenza: è testimonianza di vita, accoglienza dell’altro, parresia di fronte ai potenti e umile ascolto dei più piccoli, in particolare di quelli che piangono e che, come Gesù Cristo, non hanno nemmeno una pietra su cui posare il capo.
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Pubblicato su: La Stampa