E noi suonavamo le nostre campane
Ieri era Dio colui in cui si aveva fede e fiducia, oggi sembra essere la meteorologia... Cos’è meglio, più umano
La Stampa, 29 luglio 2007
“Che tempo fa?”: domanda che risuona sovente fin dal mattino, quando uno si alza e va alla finestra per osservare il cielo, domanda pronunciata tra sé e sé, la cui risposta è cercata nelle previsioni meteorologiche alla televisione o nelle apposite pagine dei quotidiani. Da sempre, l’essere umano sa che il suo modo di abitare “il tempo che passa” dipende anche dal “tempo che fa”, un tempo, quest’ultimo, che condiziona il lavoro, gli spostamenti, l’umore di ciascuno. Oggi questi condizionamenti sembrerebbero minori di una volta: il lavoro in campagna riguarda una percentuale esigua degli abitanti dell’occidente industrializzato, i mezzi di trasporto e le strade consentono spostamenti anche in condizioni atmosferiche un tempo proibitive... eppure l’interesse per “il tempo che fa” non è affatto diminuito, anzi è aumentato al punto che per alcuni è diventato un’autentica ossessione. Sì, ci si tiene costantemente aggiornati sul “meteo”, se ne parla molto: la capacità – sconosciuta nei secoli passati – di prevedere il tempo con un anticipo di almeno una settimana spinge infatti a “sapere”, a commentare, a discutere, anche se poi assai raramente ci si lascia determinare dal tempo nelle scelte e nei comportamenti.
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