Corpo da rispettare anche nella sua indegnità
Nel corpo che mi accomuna a ogni uomo e da ogni uomo mi differenzia e mi personalizza, è incisa la mia unicità e irripetibilità e anche la mia chiamata
Avvenire, 23 settembre 2007
“Quando si saranno alleviate sempre più le schiavitù inutili, si saranno scongiurate le sventure non necessarie, resterà sempre, per tenere in esercizio le virtù eroiche dell’uomo, la lunga serie dei mali veri e propri: la morte, la vecchiaia, le malattie inguaribili, l’amore non corrisposto, l’amicizia respinta o tradita, la mediocrità d’una vita meno vasta dei nostri progetti e più opaca dei nostri sogni”. Parole che Marguerite Yourcenar mette in bocca all’imperatore Adriano e che noi sentiamo particolarmente vere e attuali nel nostro mondo occidentale, dove il “principio piacere” sembra guidare la visione del corpo che ci offrono i mezzi di comunicazione. Lì ogni giorno siamo confrontati a una scissione dal dolore, a un oblio della sofferenza, a una rimozione della bruttezza, a una negazione del corpo deformato dalla malattia e, specularmente, siamo come istigati a un’esaltazione del corpo prestante, a un’idolatria della giovinezza, a un’esibizione di ciò che è superficiale.
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