Tre libido verso la barbarie
La morte non è solo l’ultimo istante della vita biologica, ma è una forza costantemente all’opera nella nostra vita quotidiana
La Stampa, 18 novembre 2007
A più riprese, anche su queste pagine, ho cercato di richiamare l’attenzione su una serie di comportamenti quotidiani che ritengo di poter definire “piccoli passi verso la barbarie”: atteggiamenti personali e collettivi che mi paiono minare in profondità la qualità della vita personale e della convivenza civile. Vorrei ora avviare un itinerario di riflessione su questo imbarbarimento strisciante utilizzando come chiave di lettura quelli che la letteratura cristiana antica – ma anche la coeva sapienza ellenistica – chiamava i “vizi capitali” e che invitava a combattere attraverso la “lotta spirituale”. E vorrei farlo attingendo a quei dati della rivelazione cristiana che maggiormente si riallacciano a fenomeni antropologici universali.
Il punto di partenza lo collocherei nell’unica fondamentale paura che domina e aliena ogni essere umano: la paura della morte. Essa è alla radice di tutte le altre paure, nonostante nel contesto culturale attuale, specie in occidente, si faccia di tutto per rimuovere la realtà della morte, con il risultato che è proprio lei ad abitare le nostre vite come un’angoscia di cui non sappiamo decifrare il volto. La morte non è solo l’ultimo istante della vita biologica, ma è una forza costantemente all’opera nella nostra vita quotidiana: si manifesta come sofferenza, malattia, separazione, rottura, fine di tutto ciò che per noi è vitale, al punto da causare vere e proprie situazioni di non-vita in chi biologicamente è ancora vivo.
Pubblicato su: La Stampa