Nei giorni dell'ira si spegne l'uomo

GIACOMO MANZÙ, Volto
GIACOMO MANZÙ, Volto
La Stampa, 16 dicembre 2007
articolo di ENZO BIANCHI
Chi è l’altro per me? È una persona con cui entrare in relazione

La Stampa, 16 dicembre 2007

Come vento impetuoso ci assale la collera (orghé), bollore improvviso che emerge dal nostro intimo e divampa come un fuoco divorante. Essa è per eccellenza il vizio visibile, che sfigura chi ne è preda: fa perdere il fiato, genera una sensazione di soffocamento, infiamma il viso, altera lo sguardo… È una reazione istintiva che, non a caso, condividiamo con gli animali, i quali la manifestano soprattutto quando si sentono aggrediti; ma, se non riusciamo a dominare tale impulso, esso rischia di tramutarsi in risentimento permanente, in aggressività, in violenza, in memoria di un’offesa mai perdonata, con conseguenze nefaste per ogni nostra relazione.

Ma non è semplice discernere dall’impeto la qualità della collera: vi è infatti chi non mostra mai visibilmente la propria collera perché privo di quel giusto pathos che deve contraddistinguere il rapporto con gli altri e con la realtà; oppure perché cova dentro di sé una sorda rabbia, celata sotto le apparenze di una falsa mitezza, che prima o poi esploderà con danni incalcolabili. Al contrario, esiste anche un’ira, una collera “positiva”, necessaria alla vita umana e allo sviluppo della personalità; è una sorta di zelo, di rigore positivo che è addirittura necessario manifestare di fronte al male, all’ingiustizia, alla sofferenza delle vittime… Si pensi alle invettive dei profeti, allo sdegno di Gesù di fronte alle ingiustizie, alla durezza di cuore, alle malattie che sfigurano l’uomo. Sì, vi è la possibilità di una “collera dell’uomo che da gloria a Dio”, come ricorda un salmo (cf. Sal 76,11), contrapposta a una falsa dolcezza che nasconde un odio infinito, represso fino alla follia.

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