Triste la vita di chi invidia

GIOTTO, Invidia -  Cappella degli Scrovegni - Padova
Chi ha raffigurato bene l’invidia è Giotto nella Cappella degli Scrovegni.....una donna anziana, avvolta dalle fiamme che indicano il suo tormento interiore e dalla cui bocca esce un serpente che si ritorce contro i suoi occhi; le sue orecchie spropositate narrano la sua attitudine alla curiosità, ad ascoltare maldicenze per nutrirsi di contestazione e antagonismo, concorrenza e gelosia
La Stampa
23 dicembre 2007
di ENZO BIANCHI
Occorre obbedire al comando di rallegrarsi ed esercitarsi nella gioia

La Stampa, 23 dicembre 2007

Un costume sociale venutosi a creare attorno al periodo natalizio e affrancatosi dal riferimento alle celebrazioni proprie dei cristiani ci porta a rileggere il nostro rapporto con gli altri, a cercare di appianare o per lo meno sospendere le tensioni e le litigiosità, a ripensare ai nostri comportamenti quotidiani. Il successivo cambio di calendario, poi, pare quasi obbligarci a stendere un bilancio dell’anno trascorso e a formulare propositi più o meno convinti per quello che sta per iniziare. Non è raro allora finire preda di una condizione di spirito che sovente ci assale anche in altre circostanze e che cerchiamo di sopraffare stordendoci con diversivi di ogni tipo: la tristezza. Questo “demone”, chiamato nella spiritualità cristiana “verme del cuore”, si insinua nell’anima di una persona e ne corrode lentamente tutta la vita, come fa la tignola con il vestito: se non viene combattuta, essa finisce per abitarci come un inquilino stabile e sempre più difficile da scacciare.

Sì, la tristezza è il non-piacere per eccellenza, essa “spoglia da ogni piacere e fa inaridire il cuore”, diceva Evagrio: è alla radice della depressione nervosa, perché conduce al sentimento del non-senso della vita, a uno stato di letargo in cui la vita appare senza luce, senza speranza, in una parola, invivibile. Perché questo tarlo permane come un’ombra nel nostro profondo, come un brusio che non cessa di tormentarci? Di volta in volta sono le sofferenze ingiustamente patite, le contraddizioni reali alla nostra vita, la constatazione della frustrazione dei nostri desideri, anche quelli più nobili e giusti, a generare in noi la tristezza. Ora, è evidente che la vita e la realtà ci contraddicono in molti modi, sovente anche inattesi; ma è altrettanto evidente che pensare di poter vivere in un mondo dorato e privo di frustrazioni è illusorio, così come è dannoso per noi stessi nutrirci di nostalgie immaginarie o di attese impossibili!

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