Per chi suona la campana del Papa

1948, Olio su tela cm 101 x 131 Collezione Vaticana d'arte moderna
FRANCO GENTILINI, Piazza san Pietro
La Stampa, 24 agosto 2008
di ENZO BIANCHI
Quando il papa sente il dovere di lanciare un appello su un tema che riguarda “scelte rispettose della dignità di ogni essere umano” non lo fa guardando semplicemente al di là del Tevere

La Stampa, 24 agosto 2008

Quando un appello particolarmente accorato si leva da persone cui è riconosciuta un’autorevolezza di respiro universale, due tentazioni contrapposte si presentano ai destinatari immediati del messaggio e, più in generale, a chiunque lo ascolti. Da un lato la reazione anestetica di chi si chiama fuori con la convinzione, o più facilmente con l’opportunismo, di non essere tra i destinatari dell’appello: la questione sollevata può essere davvero drammatica, ma “io non c’entro... si riferiva ad altri e, poi, cosa potrei mai fare?”. D’altro lato la tentazione di ridurre la portata universale del messaggio a uno strumento da usare contro gli avversari nel proprio angusto orticello, cedendo a un meschino provincialismo partigiano: è il classico “tirare per la giacca” chi gode di un’autorità morale o istituzionale. Questo purtroppo ha l’unico effetto di svilire la portata dell’appello: se infatti si riduce un intervento di alto valore etico a semplice opinione di parte non solo se ne mina l’efficacia pratica, ma si rischia di screditare la fonte stessa anche in prospettiva futura.

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