Il pane di domani
di ENZO BIANCHI
C’è un lievito cui possiamo affidarci per il cibo solido che nutrirà i giorni dell’anno che viene? Occorre per domani il lievito della fiducia nell’umanità: credere nell’uomo, nella sua grandezza
(versione integrale dell'articolo)
La Stampa, 31 dicembre 2008
Con cosa possiamo impastare il pane di domani? Quali ingredienti ci lasciano e quali ci consigliano gli eventi dell’anno che si conclude? C’è un lievito cui possiamo affidarci per il cibo solido che nutrirà i giorni dell’anno che viene? Sono domande spontanee a ogni volgere di calendario, ma forse ancor più cogenti al termine di un anno che pare identificarsi con il termine crisi, non solo in campo economico. Per il nostro impasto potremmo cominciare da un sano ripensamento sugli errori commessi.
Il presidente uscente degli Stati Uniti ha ammesso che la guerra in Iraq è stata un errore: del resto non è quello che si dice dopo ogni guerra? La si intraprende sempre facendola apparire come il male minore, il ristabilimento di un diritto infranto, la via per giungere a un nuovo equilibrio più giusto. Poi, una volta avviata, è la logica stessa della guerra a prevalere su ogni altra logica: il diritto, la giustizia, la solidarietà, la libertà, tutto viene messo tra parentesi, soffocato in attesa della fine delle ostilità. Ma dalle macerie fumanti sale solo nuovo odio, nuova violenza, nuovi pretesti per ricominciare un’altra guerra, anch’essa “giusta”, naturalmente. Ora, tra i potenti che hanno dato fuoco alla polveriera in Iraq vi è chi ha chiesto scusa, chi ha affermato di essere stato ingannato, eppure nessuno di quanti nel nostro paese avevano sostenuto a spada tratta la giustezza di quell’errore si sono sentiti in dovere di riconoscerlo come tale, di fare ammenda del loro soffiare sul fuoco, del loro disprezzo verso gli “impavidi”, da loro giudicati nemici degli USA e dell’occidente, che mettevano in guardia contro il vicolo cieco cui conduce ogni guerra. Senza riconoscimento degli errori come possiamo pensare che il futuro non ce ne riservi di analoghi e di più gravi? E i bagliori di fuoco e di morte che si sprigionano da Gaza in questi giorni sono una tragica conferma di quanto sia nefasto affidarsi alla forza delle armi per sanare le controversie.
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