Oriente. Minacce e speranze nella culla della croce

Frammento di affresco - Grecia
Pietro e Paolo
Avvenire, 11 gennaio 2008
di ENZO BIANCHI
Ci sono ancora comunità cristiane che vivono giorno dopo giorno la “grazia a caro prezzo” dell’appartenenza al Signore Gesù
Avvenire, 11 gennaio 2009

Costantinopoli, Alessandria, Antiochia, Gerusalemme… quattro delle cinque città che componevano l’antica “pentarchia” sono in quella regione della terra designata come “Oriente”, “Vicino Oriente” o “Medio Oriente”. E’ lì la culla della fede cristiana; lì fiorirono le prime comunità di discepoli del rabbi di Galilea; ad Antiochia (nell’attuale Turchia), secondo la testimonianza degli Atti, essi ricevettero per la prima volta il nome di “cristiani”; dall’Oriente giungono tesori di cultura, di arte, di spiritualità: pagine di sapienza che, come un fiume carsico, hanno irrigato anche l’Occidente, si pensi in particolare ai grandi padri greci e siriaci, ma anche a copti, arabi, armeni ed etiopici. Ma chi sono questi cristiani? Cosa resta di loro?

Il cristianesimo nasce come una realtà plurale, e tale rimane ancora oggi. Una pluralità dovuta a diversità di origine, cultura, storia, idioma. Semiti e greci innanzitutto, ma non solo. L’evento unico della morte e resurrezione di Cristo è stato elaborato e tramandato secondo categorie proprie a ciascun popolo, in una diversità che, pur non essendo mai stata pacificamente accolta, è riuscita tuttavia a non compromettere l’unità del corpo, almeno fino agli inizi del V secolo. Il concilio di Efeso nel 431 segna infatti la prima divisione tra cristiani di cui resta ancora oggi, non sanata, la ferita: uno dei concili più dolorosi della storia della chiesa, dove allo schietto desiderio di affinare la comprensione del dogma cristologico si mescolarono anche rivalità personali e instabili equilibri politici. Un’importante parte della cristianità del tempo, peraltro non rappresentata a quel concilio da nessun vescovo, si ritrovò da quel momento non più in comunione con il resto delle Chiese: è così normalmente spiegata l’origine della Chiesa Assiro-Caldea (o Siro-orientale, un tempo detta impropriamente “Nestoriana”). In realtà la storia, come sempre, è più complessa, e la “divisione” fu principalmente l’effetto dell’isolamento di queste comunità, venutesi a trovare al di là del confine dell’impero romano (cristiano) e all’interno di un regno antagonista, quello persiano. Comunità che dovettero, per poter sopravvivere, rinunciare alla comunione con le altre Chiese, ma che nondimeno seppero mostrare una vitalità spirituale e un impulso missionario fecondi, giungendo a portare la buona notizia del Vangelo e a fondare comunità cristiane in tutta la Persia e l’Arabia, percorrendo la via della seta, fino in India e in Cina.

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