Le nuove penitenze
Quando oggi si viene invitati all’astinenza, sarebbe bene viverla anche da tante realtà che ci condizionano e che ci distraggono dal vedere il bisogno dell’altro e dalla solidarietà con chi soffre: perché non pensare a un sano digiuno dal troppo parlare, dalla dissipazione del non fermarsi mai a pensare, dall’invadenza pervasiva della televisione, magari anche dall’ottundimento del comunicare il nulla con una miriade di messaggini – come suggerito un po’ sbrigativamente da qualche ufficio di pastorale giovanile... Certo, chi fa inviti in questo senso deve anche saper motivare i sacrifici richiesti, deve farne emergere le ricadute positive su chi li vive e sugli altri, altrimenti si ottiene ancora una volta l’effetto contrario: si dissolve il significato autentico del sacrificio banalizzandolo a una pratica estemporanea e curiosa.
Non si dimentichi infine che quando la chiesa chiede il digiuno in determinati giorni, invita i cristiani a viverlo simultaneamente e tutti insieme, invita cioè ad assumere personalmente un sacrificio carico di una oggettività che gli viene da un vissuto comunitario. Se ciascuno assecondasse le proprie bizzarrie e stravaganze nel scegliere il “sacrificio”, sostituendo una prassi condivisa con quanto lui trova più facile o attraente, si ricadrebbe ancora una volta nella logica del “fai da te” che tanto danno sta procurando alla nostra società odierna e ai suoi valori un tempo condivisi.
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Pubblicato su: La Stampa