La passione dell'uomo
di ENZO BIANCHI
Per quanti non sono credenti in Dio resta l’enigma del male, come resta per chi crede, ma il vedere la volontà di un amore reciproco tra gli uomini può dare senso anche a loro
La Stampa, 11 aprile 2009
Il Venerdì santo, memoria della passione e morte del Signore Gesù, per la chiesa cattolica è giorno “aliturgico”, l’unico giorno dell’anno in cui non viene celebrata la messa né alcun altro sacramento. L’eccezionalità assoluta dell’eucaristia al cuore del rito funebre per le vittime del terremoto ci aiuta allora a cogliere la dimensione profonda di quanto i cristiani vivono nei giorni della settimana santa: l’emblematicità che la passione di Gesù rappresenta per la sofferenza e la morte di ogni essere umano.
“Ecce homo”, aveva esclamato Pilato nel momento della condanna di quel rabbi di Nazaret, predicatore e taumaturgo salito a Gerusalemme per celebrare la pasqua assieme ai suoi discepoli, in piena comunione con il popolo ebraico cui apparteneva. “Ecco l’uomo”, l’umanità nella sua finitezza e nella sua sofferenza; ecco il volto segnato dal dolore e dall’enigma della morte; ecco il corpo, luogo della comunione vissuta, tradita, infranta; ecco la passione di ogni essere umano che viene assunta nella passione del Figlio di Dio. È questo il mistero sconvolgente che la chiesa ci invita a meditare ogni venerdì santo: il mistero di un uomo sfigurato, disumanizzato dalla sofferenza, un giusto condannato come maledetto da Dio e dagli uomini, un servo che si carica del peso delle iniquità umane, un innocente chiamato a bere il calice dell’amarezza fino a morirne.
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