Così il Dio del denaro inganna gli uomini
di ENZO BIANCHI
Ecco la domanda essenziale: dove sta il mio cuore? Qual è per me la vera ricchezza? Il denaro è per me strumento di relazione e di condivisione, e dunque di comunione con gli altri, oppure strumento di egolatria?
Pecunia, l’argent, il denaro: il motore dell’economia? Il mezzo di scambio per eccellenza che si è imposto come standard universale? Misura non solo per il mercato dei beni e dei servizi, ma anche misura sul mercato del lavoro? Il denaro mi spinge a esprimere il valore economico mediante l’aggettivo «caro» («Questo prodotto è più o meno caro…»), in parallelo all’affetto che induce a dire a un altro «caro» («Mio caro..»). Caro, cher, dear: una stessa parola per misurare il denaro e per misurare l’affetto…
Ma il denaro è un mezzo o un fine? Dipende per chi. Non è certamente un fine per l’economia, che insegue la produzione e la distribuzione dei beni e dei servizi. Non è un fine neppure per l’impresa, la quale vuole creare una ricchezza, un utile. E per l’individuo? Il fine è la felicità che dipende dall’amare e dall’essere amato, dal senso trovato nel vivere, da un certo benessere materiale, dunque anche dal denaro. Sì, per alcuni il denaro è percepito come la chiave per accedere alla felicità.
Platone nei Nómoi e Aristotele nella Politeía pensano che sia naturale trarre vantaggio dalla terra e dagli animali, ma che non lo sia arricchirsi con il denaro. Allo stesso modo i profeti di Israele, seguiti dai padri della chiesa, condannano quanti prestano denaro a interesse, creando denaro con il denaro. Questa patologia del legame con il denaro è stata definita «cupidigia» e letta come la fonte di molti mali, di enormi disastri, economici, politici e oggi anche ecologici.
Pubblicato su: La Repubblica