Senza rischio che fede è?

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QUINTO MARTINI, Donna mendicante
La Stampa, 22 settembre 2009
di ENZO BIANCHI
Non dovremmo dimenticare che parlare della fede non significa parlare di Dio: altro è Dio, altra è la fede in Dio. La fede è atto umano che suppone una determinata comprensione di Dio

La Stampa, 22 settembre 2009

Può apparire paradossale, ma la tentazione dell’ateismo, del nulla è costantemente in agguato anche, e forse soprattutto, per gli uomini e le donne di preghiera, per quanti vivono nella fede e nella salda adesione al Signore: anche loro possono giungere a lamentarsi del silenzio di Dio, a piangerne l’assenza e a invocarne una parola. Perché questo intrecciarsi della fede con il dubbio, perché sperimentiamo a volte la sterilità della fede e la fecondità del dubbio?

Non dovremmo dimenticare che parlare della fede non significa parlare di Dio: altro è Dio, altra è la fede in Dio. La fede è atto umano che suppone una determinata comprensione di Dio, delle immagini del Dio a cui ci si affida. Dio, infatti, non è circoscrivibile dai nostri concetti, dai nostri pensieri e dalle nostre parole. Le stesse definizioni dogmatiche fissate dalla chiesa, le “verità di fede” ritenute tali “sempre, da tutti e in ogni luogo” non possono essere assolutizzate e confuse con Dio perché le definizioni linguistiche della verità non sono la verità stessa, ma restano nell’ambito della ricerca della verità e non possono essere considerate che accostamenti, avvicinamenti, approssimazioni (alla verità, ma non esauriscono né la verità, né Dio.

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