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La Bibbia alfabeto colorato delle civiltà

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ca 1250, miniatura
Creazione del mondo
La Stampa, 17 gennaio 2010
di ENZO BIANCHI
Leggere la Bibbia “insieme”, cioè tenendo conto della presenza dell’altro, è una sfida e nel contempo un’enorme potenzialità: avvia infatti un percorso orientato al senso dell’esistenza

La Stampa, 17 gennaio 2010

È innegabile che nell’ultimo secolo si sia verificato un mutamento radicale riguardo al posto delle Sante Scritture nella vita e nella predicazione della Chiesa cattolica, una rinnovata sensibilità che, soprattutto grazie al movimento biblico, ha lasciato la sua testimonianza più forte e autorevole nella Dei Verbum, la costituzione conciliare sulla Parola di Dio. Così la Bibbia, da testo tenuto ai margini dell’insegnamento e della catechesi cattolica, ignoto alla maggior parte dei battezzati, è divenuto sempre più familiare, raggiungendo anche in Italia dati di diffusione un tempo impensabili.

Eppure, nonostante questa feconda riscoperta, quanti credenti leggono regolarmente la Bibbia, quanti cristiani considerano il Vangelo come testo normativo della loro esistenza e delle scelte quotidiane? Secondo le indagini demoscopiche, solo un numero ridotto, anche rispetto ai soli cattolici “praticanti”. Né sono mancati in questi ultimi anni gli appelli ad affrontare il problema dell’assenza della Bibbia nella scuola italiana e più in generale nel tessuto culturale del paese: un’assenza che indebolisce la memoria storica del “grande codice” della cultura occidentale e la possibilità di incontro con un testo ancora oggi tra i più ricchi e stimolanti, non solo sul piano religioso ma su quello storico, letterario, artistico e filosofico.

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