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C'è bisogno dei cattolici in politica

 

Come procedere in questo difficile frangente? Negli anni passati non sono mancati tentativi di creare scuole di educazione e iniziazione politica in molte chiese locali, ma queste non si sono rivelate feconde come auspicato. Da parte mia oso riproporre quanto suggerii già una ventina d’anni fa, all’inizio della diaspora politica dei cattolici con la fine del partito che li aveva a lungo rappresentati. Penso a un forum da attivarsi nelle chiese locali, a dimensione regionale, teso a favorire il formarsi e l’emergere dell’ispirazione cristiana della politica: uno spazio assembleare in cui i laici cattolici possano trovarsi per confrontarsi regolarmente, dibattere e cercare il principio evangelico da affermare nelle diverse circostanze e nei diversi momenti in cui è richiesta una decisioni politica. Un luogo di ascolto reciproco e di dibattito a livello pre-politico e pre-economico: non una lobby di pressione, ma una ricerca condivisa di ciò che è principio irrinunciabile per il credente, pronta a lasciare alla responsabilità del singolo la traduzione in opzioni politiche ed economiche di queste istanze cristiane. Questa successiva operazione, il cristiano impegnato in politica la farà assieme agli altri cittadini, indipendentemente dalla loro fede, all’interno del partito in cui si trova, sempre restando fedele al principio condiviso ed emerso in ambito ecclesiale. Questo preserverebbe chi nella chiesa ha responsabilità pastorali di comunione dall’ingerirsi in ambiti che non gli competono, salvaguarderebbe la possibilità per i laici cristiani di essere presenti in formazioni politiche diverse, secondo le sensibilità e gli orientamenti di ciascuno, e nel contempo assicurerebbe anche la visibilità e l’autorevolezza di una convergenza sui principi ispiratori ai quali un cristiano non può rinunciare.

Sì, il sogno del cardinal Bagnasco è condiviso da molti: si avverte l’urgenza di avere cristiani che nella polis sappiano dire una parola efficace ispirata dalla fede e tesa al bene comune. Perché, se la polis è una comunità, allora occorre discernere un orizzonte condiviso e intraprendere un’azione responsabile conseguente perché siano praticabili cammini di umanizzazione. Ispirati dalla loro fede, a questo nobile compito – e non all’afonia o alla maldicenza – i cristiani sono chiamati, cittadini tra i cittadini.

Enzo Bianchi

Pubblicato su: La Stampa