L'ora della religione emotiva fatta per cercare se stessi
13 febbraio 2010
di ENZO BIANCHI
Che connotati assume nel nostro mondo occidentale di antica matrice cristiana il “ritorno” della spiritualità, che da più parti si intravede?
La Repubblica, 13 febbraio 2010
Che connotati assume nel nostro mondo occidentale di antica matrice cristiana il “ritorno” della spiritualità, che da più parti si intravede? E cosa può significare questo in una società per altro verso sempre più secolarizzata, in cui sembra prevalere l’affermazione di appartenenza esteriore a una determinata tradizione religiosa – in particolare quella cristiana – svincolata dall’intima adesione a quella credenza e dalla coerenza dei comportamenti? “Fedeli” sempre più infedeli. Alcuni filoni mi paiono emergere quali catalizzatori del riemergere della spiritualità. Innanzitutto il diffondersi di religiosità a struttura psicologica materna, fusionale, emozionale in cui la soggettività dell’individuo assurge a finalità: si ha allora un Dio depersonalizzato che finisce per dilatarsi e diluirsi in un oceano di emotività che tutto comprende, un sincretismo che minimizza o annulla le differenze creando una sorta di “vulgata” religiosa buona per tutti. Questo fenomeno, sovente definito “religions à la carte”, è ormai da tutti riconosciuto.
Ma assistiamo anche, specularmente, alla deriva settaria che, attraverso un forte coinvolgimento personale, un’intensità emotiva e una rigida chiusura intra-comunitaria, fornisce identità certa ai disorientati da questo indifferentismo religioso: è una deriva che conosce non solo la tipica dimensione della cerchia dei “puri e duri”, spesso tradizionalisti in cerca di un tesoro perduto, ma anche quella, più attraente e rassicurante, di comunità a dimensione internazionale in cui si privilegiano temi e comportamenti religiosi emotivi che evadono dalla storia ma assecondano l’attuale individualismo e la dimensione terapeutica della persona: è la via della “spiritualità debole”, alimentata da tematiche come la cura di sé e della propria armonia interiore, la ricerca di sicurezza e gioia, il rappacificante abbandonarsi ai sentieri dell’emozione. È tornata la religione – potremmo sintetizzare – il senso del sacro, ma Dio no! Né tanto meno la fede cristiana vissuta nell’appartenenza a una chiesa che ne contiene e garantisce memoria e continuità.
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Pubblicato su: La Repubblica