Bibbia: il codice dell'ospitalità
Avvenire, 23 maggio 2010
di ENZO BIANCHI
La Bibbia mi accoglie ed è da me ospitata perché anche in me, come in ogni suo lettore, trova un sito in cui essere accolta, custodita, risuscitata, mangiata, ruminata
Avvenire, 23 maggio 2010
È una ricerca insolita scavare nelle Scritture per trovare non solo esempi, esortazioni e criteri della pratica dell’ospitalità, ma anche la consapevolezza che la Bibbia stessa è luogo di accoglienza, che nello “sta scritto” c’è spazio per ospitare l’altro, per contenere qualcosa e qualcuno che non si esaurisce nella lettera del testo. Del resto, la composizione stessa della Bibbia è caratterizzata da molteplici aspetti di “ospitalità”, a cominciare dall’accoglienza della diversità in unico testo: la Bibbia – tà biblía, i libri – è infatti una piccola biblioteca che raccoglie 73 libretti, di autori ancor più numerosi; sono libri scritti in tre lingue, ebraico, aramaico e greco; redatti nell’arco di tempo di circa un millennio e nell’ambito di un’area che va da Babilonia (l’attuale Iraq) a Roma; libri diversi come genere letterario, perché alcuni sono storici, altri poetici, altri sapienziali, altri giuridici. Sì, la Bibbia è un libro plurale, frutto dell’accoglienza da parte di un popolo di Scritture che risentono di apporti culturali diversi: la sapienza dell’Egitto, di Babilonia, dell’Assiria, delle genti di Canaan e del deserto, dell’ellenismo. L’identità della Bibbia è data da una pluralità, una molteplicità, una diversità, e da questo si dovrebbe dedurre l’impossibilità di letture fondamentaliste e uniche. Basti pensare ai vangeli: c’è un solo Vangelo, ma quattro sono i ritratti di Gesù e – va confessato – così diversi, a volte in contraddizione tra di loro; eppure sono capaci di consegnarci, nel loro insieme, un Gesù che ha fatto per noi l’esegesi di Dio, una narrazione capace di generare cristiani ancora oggi.
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