Il fascino quotidiano del bene

Locandina del film
Locandina del film
La Stampa, 24 ottobre 2010
di ENZO BIANCHI
Lo straordinario successo di critica e di pubblico che sta avendo il film di Xavier Beauvois sui monaci di Tibhirine merita forse qualche considerazione che scavi un po’ in profondità sulle ragioni di un’accoglienza così favorevole

© 2010 Edizioni Qiqajon
© 2010 Edizioni Qiqajon
Più forti dell'odio

La Stampa, 24 ottobre 2010

Lo straordinario successo di critica e di pubblico che sta avendo il film di Xavier Beauvois sui monaci di Tibhirine merita forse qualche considerazione che scavi un po’ in profondità sulle ragioni di un’accoglienza così favorevole. Come mai la critica è rimasta subito colpita e ora gli spettatori – artefici di un passaparola che dilata le eco positive che si rincorrono ovunque, a partire dalla laicissima Francia, avamposto delle proiezioni per il grande pubblico – paiono commossi e affascinati?

Penso che un elemento tutt’altro che secondario sia stata la capacità del regista di mostrare una vocazione rara e particolare come quella monastica – vissuta da una esigua porzione dei credenti che professano una fede a sua volta non più maggioritaria – sia in realtà una scelta umanissima, fatta di gesti quotidiani, di limiti e di paure, di ritmi e vicende addirittura quasi banali, di non apparizione, di quotidianità ripetitiva. E sia una scelta operata da persone normalissime, magari profondamente diverse tra loro per cultura, formazione, sensibilità, ceto sociale: persone nella quali ciascuno si può riconoscere, a prescindere dalla condivisione della medesima fede.

Il monachesimo, nelle sue espressioni più genuine, è sempre stato una scelta di controcultura, di volontaria e libera marginalità: non nel senso di un’opzione elitaria, di un consesso esclusivo di puri e duri, ma nel suo voler cercare il senso di ciò che si vive, nell’anelare a tradurre in scelte quotidiane nella loro ordinarietà le convinzioni più profonde che lo animano, nel non lasciarsi condizionare dai comportamenti della maggioranza quando questi si discostassero dalle esigenze evangeliche. Un fenomeno marginale, dunque, sovente periferico persino rispetto alla chiesa stessa – non si dimentichi la sua natura fondamentalmente non clericale – ma non autoescludentesi: un modo “altro” per essere al cuore dell’umanità, là dove pulsano le energie vitali di ogni convivenza.

Pubblicato su: La Stampa