Comunità: la ricchezza del dono di sé

Locandina del film
Locandina del film
Avvenire, 7 novembre 2010
di ENZO BIANCHI
Uno degli elementi che possono spiegare il successo anche di pubblico per un film impegnativo come Uomini di Dio è l’efficacia e il realismo con cui riesce a rappresentare la vita di una comunità, umana prima ancora che monastica


Avvenire, 7 novembre 2010

Uno degli elementi che possono spiegare il successo anche di pubblico per un film impegnativo come Uomini di Dio è l’efficacia e il realismo con cui riesce a rappresentare la vita di una comunità, umana prima ancora che monastica. La vita comunitaria, intesa in profondità e in ogni sua forma, può infatti ricordare a tutti gli uomini e le donne in quanto tali alcune istanze fondamentali, nonostante la nostra cultura dominante, privilegiando l’individualismo e tutto ciò che lo nutre (il possesso, la proprietà, la cura degli interessi privati…), sembri congiurare contro la comunità. Anni fa Zygmunt Bauman scrisse un libro intitolato significativamente Voglia di comunità, ma questo desiderio di comunità, almeno nel nostro occidente, è poco attestato, perché manca l’elemento indispensabile per il suo dispiegarsi: l’aspirazione a una convergenza, alla ricerca di un orizzonte comune nella società e nella polis, sulla quale prevalgono invece altre logiche.

Del resto, vi è anche qualche rischio insito nell’uso del termine «comunità», quando è inteso in riferimento a una realtà animata da interessi identitari: si cerca cioè una comunità di simili o di uguali, nella quale non si privilegia la pluralità, la differenza, l’alterità, ma piuttosto la somiglianza, o meglio l’identità. In questo caso dietro il paravento del discorso comunitario si cela una realtà assai pericolosa, che si nutre di fondamentalismo, di integralismo, di intolleranza nei confronti del diverso: tutto ciò conduce a derive settarie, non all’ampio orizzonte della comunità.

Pubblicato su: Avvenire