La tristezza della lussuria

Palazzo Mignanelli, Roma
IGOR MITORAJ, Volto
La Stampa, 19 gennaio 2011
di ENZO BIANCHI
Chi è preda della lussuria assolutizza la propria pulsione e nega la relazione con l’altro, compiendo così una scissione della propria personalità e riducendo l’altro a una “cosa”

 

La Stampa, 19 gennaio 2011

La sapienza dei padri della chiesa fin dai primi secoli ha saputo distinguere tra alcuni peccati gravissimi – passibili di “scomunica” e di una lunga penitenza pubblica prima della riammissione nella comunità cristiana: apostasia, adulterio, omicidio, aborto... – ma legati a un singolo gesto e altri peccati o vizi “capitali” che sono invece espressione di una patologia spirituale molto più profonda, comportamenti generati da “pensieri malvagi” che in certo senso minano la personalità stessa di chi li commette, facendolo finire in una spirale di depravazione sempre più disumana: autentici “vizi dell’anima”, che nascono dal cuore e che a partire dal cuore vanno contrastati. Tra questi la lussuria, il rapporto deformato con il sesso, una passione che porta a ricercare il piacere per se stesso, il godimento fisico avulso dallo scopo al quale è legato.
Il piacere sessuale è il più intenso piacere fisico, un piacere complesso che investe il corpo e la psiche, un piacere inerente all’atto sessuale, di cui tuttavia costituisce solo un aspetto. Ora, se il piacere è cercato nella “quantità”, nella compulsione, nell’eccedenza, l’incontro sessuale viene ridotto alla sola genitalità, al piacere fisico e all’orgasmo, l’interesse si focalizza sull’organo specificamente implicato in esso e lì si rinchiude, senza aperture ad alcuna finalità. L’unico scopo diventa possedere l’altro per farlo strumento del proprio piacere: l’altro è ridotto al suo corpo, alle sue parti erotiche e desiderabili, diventa un oggetto, addirittura un elemento feticistico… Ma l’energia sessuale è unificante quando è rivolta all’amore, alla comunicazione, alla relazione, cioè a una “storia” d’amore; ridotta all’erotismo, invece, essa frammenta, divide, dissipa il soggetto.

Chi è preda della lussuria assolutizza la propria pulsione e nega la relazione con l’altro, compiendo così una scissione della propria personalità e riducendo l’altro a una “cosa”, prima ancora che a una merce. Le pulsioni erotiche, non più ordinate e armonizzate nella totalità del sé, sfogano la propria natura caotica e selvaggia, fino a sommergere l’altro, indotto nella fantasia o nella realtà – quasi sempre con prepotenza – all’atto sessuale: la lussuria si manifesta là dove il piacere sessuale è incapace di sottostare alle elementari regole della dignità propria e altrui.

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