Cristiani, l'unità senza egoismi
di ENZO BIANCHI
Festeggiare l’unità d’Italia significa riconoscere ciò che lega gli abitanti di questa terra, affermare la solidarietà e la convergenza verso una polis segnata da giustizia e pace
In queste settimane e per i prossimi mesi, in vari momenti e diverse forme si celebrano i 150 anni dell’avvenuta Unità d’Italia, nonostante le contestazioni e la mancata partecipazione di alcuni a questa ricorrenza. Anche la chiesa cattolica che è in Italia ha voluto - nella maniera che le è propria, cioè attraverso una celebrazione liturgica - prendere parte alla memoria di questo evento. Il papa, come vescovo di Roma (non si dimentichi che è in tale veste che presiede alla chiesa universale) e primate d’Italia, ha voluto indirizzare un messaggio non solo ai cattolici ma a tutti gli italiani.
Ma proprio perché quest’Unità d’Italia è stata faticosamente costruita anche contro il volere del papa - allora difensore non solo dell’onore di Dio ma anche di «Cesare», il potere politico che lui incarnava nello Stato pontificio - proprio perché c’è ancora chi vorrebbe che l’Italia tornasse a una federazione di staterelli, proprio perché nuove ideologie contrastano con la realtà di un’Italia unita, è bene interrogarsi sul significato di questa unità.
E io vorrei interrogarmi da cristiano e da cittadino italiano, due appartenenze che non sono né in contrasto né in concorrenza ma che, per essere vissute senza schizofrenia, abbisognano di lealtà, di riconoscimento della storia e di esercizio della memoria, di una visione di solidarietà capace di convergenza per la polis. Come cristiani, abbiamo una parola da dire nei confronti di questa celebrazione e del suo significato? La risposta è certamente positiva: in Italia i cristiani abitano tranquillamente, sono membri della polis e come tali partecipano responsabilmente alla storia di questo paese senza evasioni e senza esenzioni. Ma dobbiamo porci anche un’altra domanda: noi cristiani abbiamo una parola «cristiana» da dire sull’Italia unita? E qui la risposta si fa più articolata e richiede specificazioni. L’Italia non è né un articolo di fede, né un principio strutturale della chiesa che è cattolica, universale. Ma resta vero che questa terra «Italia» è la terra che i cristiani abitano nella consapevolezza che «ogni patria è per loro straniera e ogni terra straniera è loro patria» (Lettera a Diogneto). Cosa significano queste parole, formulate nel II secolo d.C. e ancora oggi utilizzate? Non indicano evasione o estraneità dei cristiani rispetto alla terra e allo Stato, ma che i cristiani sanno amare la terra che è stata data loro in sorte, che questa terra è per loro anche «patria» in quanto terra già dei loro padri, che i cristiani pregano per questa terra e per i loro governanti, fossero anche non cristiani, così come pregavano per l’imperatore romano che era pagano (e, a volte, anche loro persecutore!), che i cristiani partecipano in tutto come cittadini alla costruzione della società italiana e lavorano per una convivenza in questa terra segnata da libertà, giustizia, eguaglianza, solidarietà, pace.
Pubblicato su: La Stampa