Non tutta l'arte "religiosa" è a servizio delle chiese
La liturgia cristiana deve discernere e giudicare quali opere d’arte possono entrare in essa e acquisire la capacità di essere concelebranti, di essere mistagogiche, in grado cioè di condurre al mistero di Cristo
Avvenire, 29 maggio 2011
La liturgia ha bisogno dell’arte, sia in quanto liturgia dell’incarnazione sia perché non si può concepire una liturgia senza arte. La liturgia confessa la trasfigurazione della realtà e l’arte è capace di evocare in modo particolare questa trasformazione, di alludere a questo processo di metamorfosi che ha come soggetto lo Spirito santo. È dunque vero che la liturgia abbisogna del linguaggio dell’arte, espresso nell’architettura, nella scultura, nella pittura, nelle vetrate, nella musica. Nello stesso tempo, però, la liturgia cristiana deve discernere e giudicare quali opere d’arte possono entrare in essa e acquisire la capacità di essere concelebranti, di essere mistagogiche, in grado cioè di condurre al mistero di Cristo; oppure deve valutare se, al contrario, le opere d’arte costituiscono una contraddizione, un impedimento alla liturgia stessa. Non si dimentichi che c’è un’arte religiosa, a volte straordinaria, che però non è adeguata, non ha la capacità di entrare nella liturgia. Oggi regna molta confusione sull’argomento, e per questo ci si avventura troppo facilmente sulle vie della sperimentazione e dell’improvvisazione, ma tale modo di procedere contraddice lo statuto della liturgia cristiana. Occorre pertanto ricordare che una cosa è l’arte religiosa, anche cristiana, e un’altra è l’arte cristiana liturgica: quest’ultima è giudicata a partire dalla sua capacità mistagogica. Non dovremmo mai dimenticare, in proposito, le parole dette da Henri Matisse (che destarono anche una certa sorpresa): «Tutta la mia opera è religiosa, ma non tutte le mie opere religiose possono stare in una chiesa».
Qual è dunque il fine a cui deve tendere l’arte quando vuole entrare nella liturgia? Con la sua bellezza, bellezza della materia e dell’arte umana, è chiamata a narrare la bellezza della presenza e dell’azione del Signore vivente. Simboli e arte testimoniano la convinzione che l’invisibile esiste, che la liturgia è una finestra aperta sull’invisibile, che il credente vuole esercitarsi a vedere l’invisibile (cf. Eb 11,27), per restare saldo in un mondo in cui il visibile sembra essere l’unica possibilità di lettura. In un mondo limitato al visibile, e di conseguenza all’empirico, simboli e arte chiedono di essere letti, di essere presenti per aiutare gli uomini a una comprensione più profonda e totale della loro vocazione.
- 1
- 2
Pubblicato su: Avvenire