Non di solo pane
di ENZO BIANCHI
Il pane necessario per vivere, senza il quale si va incontro alla morte, non basta a far vivere gli umani. È necessario qualcosa oltre il pane
di ENZO BIANCHI
Si legge nel libro del Deuteronomio: «[Il Signore] ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore » (Dt 8,3). Gesù riprende queste parole mentre si trova nel deserto, assalito dalla fame dopo quaranta giorni di digiuno, ed è tentato di ricorrere al miracolo di trasformare in pane i sassi che stanno davanti a lui. Ma al divisore egli risponde: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”» (Mt 4,4; cf. Lc 4,4).
Il pane necessario per vivere, senza il quale si va incontro alla morte, non basta a far vivere gli umani. È necessario qualcosa oltre il pane, qualcosa di cui il pane è solo segno, qualcosa che come il pane sappia portare vita, ma una vita altra rispetto a quella meramente biologica. L’uomo si è umanizzato il giorno in cui ha inventato e fatto il pane, ma la sua umanizzazione ha bisogno di qualcosa che trascenda il pane. C’è infatti nell’uomo una fame, un desiderio, una ricerca che non si ferma al cibo: il cibo è assolutamente necessario, ma non è sufficiente perché un uomo si umanizzi. Ognuno di noi, lo sappia o no, per istinto vuole vivere e dunque cerca, guadagna pane con il lavoro, ma ciò non gli basta: ognuno cerca un senso nella vita, perché è abitato da una fame, la fame di divenire essere umano.
L’umanità, questa condizione che ciascuno di noi vive e di cui è responsabile, è una condizione di transizione tra l’animalità e l’umanità vera, e il cammino che siamo chiamati a percorrere è quello mai finito dell’umanizzazione. Il grande etologo Konrad Lorenz ha affermato che «l’anello mancante tra la scimmia e l’uomo siamo noi»: ciascuno di noi è questo anello, perché il nostro compito è quello di umanizzarci. L’uomo ha fame di diventare ciò che crede di essere, e questo cammino è nelle sue mani, è consegnato alla sua libertà, alle sue fatiche individuali e collettive, alla sua responsabilità. Diventare umani: questo è il grande compito che sta davanti a ciascuno di noi! L’umanesimo e il cristianesimo convergono su tale obiettivo. Questa ricerca di senso, cioè
di orientamento e direzione (Dove vado?),
di significato (Cosa significa? Voglio comprendere!),
di sentire il reale (Come posso vivere in pienezza con i cinque sensi?),
fa sì che l’uomo si umanizzi. Questo è il pane dell’uomo al di là del pane. Occorre rifiutare la proposizione di Jean-Jacques Rousseau secondo cui «l’uomo è naturalmente buono, ma è la società che lo deprava, lo rende cattivo», perché non è mai esistito un «buon selvaggio», ma l’umanità deve essere conquistata giorno per giorno. Il nostro compito è quello di resistere di fronte alla disumanizzazione, alla barbarie, alla bestialità che è in noi e di attivarci perché sia possibile una convivenza più umana, una terra più abitabile, una società, una polis in cui gli uomini si umanizzino sempre di più.
Pubblicato su: La Stampa