Fuoco nonviolento
Sarebbe improprio tracciare un parallelo con il servo sofferente di cui parla il libro di Isaia, con l’atteggiamento di Gesù di fronte ai suoi persecutori o con i martiri cristiani – che non si danno da sé la morte ma la “accolgono” dagli altri – eppure questa capacità di assumere su di sé la violenza per estinguerla e al contempo per professare ciò che è bene e giusto per tutti interpella cristiani e non cristiani, noi post-moderni sempre tentati di rimuovere la domanda su cosa è giusto per interrogarci solo sull’opportunità del nostro agire: “vale la pena?” è diventato il nostro unico interrogativo, ormai sempre più accompagnato da un’immediata reazione negativa. Abbiamo dimenticato la fulminante risposta di Pessoa: “Tutto vale la pena, se l’anima non è piccola”. La grande anima di questi giovani monaci tibetani ce lo ricorda, se solo vogliamo ascoltare il loro grido silenzioso, lasciandoci illuminare da quel fuoco nonviolento.
ENZO BIANCHI
Pubblicato su: La Stampa