"Tu sei Pietro"
6 febbraio 2013
di ENZO BIANCHI
Solo grazie alla misericordia rinnovata del Signore, Pietro può usare misericordia verso le pecore affidategli dal Pastore dei pastori, potrà continuare a essere “roccia” che sostiene
di ENZO BIANCHI
“Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa”. Nella storia della chiesa ci si è più sovente soffermati sulla seconda parte della frase, riportata dall’evangelista Matteo, traendone conseguenze decisive sull’esercizio del ministero di presidenza all’interno delle singole comunità cristiane e della chiesa universale. Ma può essere altrettanto fecondo sostare sulla prima parte della frase e chiederci chi era quel pescatore di Galilea cui Gesù si rivolse con un assertivo “Tu sei Pietro”. Sì, perché costui in realtà si chiamava Simone, figlio di Giona (bar Ionas, secondo l’uso del tempo di identificare le persone con il patronimico), e diventa Pietro solo dopo la vocazione da parte di Gesù che, secondo la tradizione veterotestamentaria, gli cambia il nome per indicare la nuova missione cui è destinato.
Gli scritti del Nuovo Testamento non ci danno una biografia di Simon Pietro, ma ce lo consegnano sotto diverse angolature: come figura storica, uno dei dodici discepoli che “stavano con Gesù”, come ministro con una funzione precisa nella prima comunità postpasquale, come figura vivente cui riferirsi per la guida del gregge del Signore nella cammino storico della chiesa. Simone era originario di Betsaida, un villaggio sul lago di Tiberiade in Galilea; sposato, viveva a Cafarnao assieme alla suocera, che Gesù guarirà da un’infermità, ed esercitava il mestiere di pescatore come molti suoi compaesani. I Vangeli ci presentano versioni diverse ma non contraddittorie della chiamata di Gesù che trasformerà Simone in Pietro, “pescatore di uomini”: che sia avvenuta con il tramite del fratello Andrea o su invito perentorio di Gesù o in seguito all’ammirazione per la potenza miracolosa di quel rabbi di Nazareth, resta il dato che Simone entra da subito alla sequela di Gesù, riceve da lui il nome di Kefa-Pietro a indicare la sua qualità di “roccia” affidabile e diviene uno dei testimoni privilegiati della vicenda terrena fino alla passione e alla morte di Gesù, guidando la comunità dei discepoli del Signore risorto e finendo i propri giorni a Roma attorno al 67 d.C., ucciso come Paolo durante le persecuzioni neroniane.
Pubblicato su: Corriere della Sera