Benedetto XVI e il monachesimo

particolare di icona in stile copto
Le icone di Bose
Avvenire, 24 febbraio 2013
di ENZO BIANCHI
Benedetto XVI ha sempre colto il monachesimo come “ciò che ha fondato la cultura dell’Europa, la ricerca di Dio e la disponibilità ad ascoltarlo” e come forma radicale di sequela cristiana

Avvenire, 24 febbraio 2013
di ENZO BIANCHI

Subito dopo l’elezione a papa di Joseph Ratzinger osservavo come non fossero estranei alla scelta del nome la sosta compiuta a Subiaco alla vigilia del conclave, l’amore sempre mostrato per la regola di Benedetto e il significato che il padre dei monaci d’occidente ha per il cristianesimo europeo. E sottolineavo come il cardinal Ratzinger fosse sempre stato convinto testimone di una parola in particolare della regola benedettina: “Nulla assolutamente anteporre a Cristo, nulla anteporre all’amore di Cristo”. Anche oggi questo precetto monastico può essere preso come chiave di lettura della sorprendente rinuncia compiuta: papa Benedetto XVI non ha voluto anteporre a Cristo nemmeno la sua persona chiamata a svolgere il ministero petrino.

Più volte Benedetto XVI ha sorpreso per la sua acuta comprensione del monachesimo, anche perché, pur avendo frequentato sovente monasteri, non aveva mai scritto su tematiche monastiche. Nel settembre 2007, durante la visita a all’Abbazia di Heiligenkreuz in Austria, ebbe modo di sottolineare la dimensione liturgica della testimonianza monastica per il mondo contemporaneo: “Noi stiamo davanti a Dio – disse ai monaci austriaci – Egli ci parla e noi parliamo a Lui. Là dove, nelle riflessioni sulla liturgia, ci si chiede soltanto come renderla attraente, interessante e bella, la partita è già persa. O essa è opus Dei, con Dio come specifico soggetto, o non è. In questo contesto io vi chiedo: realizzate la sacra liturgia avendo lo sguardo a Dio nella comunione dei santi, della Chiesa vivente di tutti i luoghi e di tutti i tempi, affinché diventi espressione della bellezza e della sublimità del Dio amico degli uomini”.

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