Il nostro bisogno di verità
Detto questo, chiediamoci: quante volte dobbiamo constatare una maggior vicinanza, un comune sentire con “altrimenti credenti”, piuttosto che con credenti che ci troviamo accanto nell’assemblea cristiana? Le frontiere talora passano non tra chi ha fede in Dio e chi non ce l’ha, ma tra chi ha una fede umile e chi ha una fede arrogante; tra chi crede nell’umanità e chi di essa dispera; tra chi parla di Dio come se l’avesse salutato un minuto prima e chi lo confessa senza troppa sicurezza e senza garanzie; tra chi pensa di possedere la verità e chi si sente sempre pellegrino verso di essa.
Dobbiamo però farci anche un’altra domanda: l’incredulità in Dio che molti dichiarano non è forse presente anche in chi si dice credente? In verità fede e incredulità abitano simultaneamente nel cuore del credente, lo attraversano, sicché una frontiera passa anche dentro di lui: quella stessa frontiera che si vorrebbe come linea di separazione tra gli uomini, in modo da scacciare dal credente il problema di avere in sé l’incredulità come propria inquilina. Fede e ricerca non si escludono a vicenda. L’incertezza, anche il dubbio possono coabitare con la fede: credere contiene in sé il dubbio, perché non appartiene all’ordine del sapere, bensì a quello della convinzione. Fede e incredulità si intersecano nelle nostre profondità, e vengono giorni, soprattutto nell’anzianità, in cui si spera di essere credenti e si prega per non essere privati della fede.
Come dunque un non credente in Dio potrà credere? Dove vuole approdare questo bisogno di credere e di cercare la verità che riposa in ogni uomo? Qui le parole difettano, ad alcuni possono anche sembrare usurate, eppure sono parole che continuano a essere presenti sulla bocca degli uomini con convinzione e necessità: non ne abbiamo altre. E allora possiamo affermare che per tutti occorre credere all’amore, credere che è possibile essere amati e donare amore agli altri. È dunque possibile credere nella vita che viviamo come un mestiere; è possibile credere negli altri per una comune costruzione della polis; è possibile, credendo nell’altro e in se stessi, fare una storia d’amore; è possibile volere e generare figli, credendo che questo mondo possa essere bello, possa essere una dimora anche per loro.
ENZO BIANCHI
Pubblicato su: La Repubblica